Per un cammino spirituale profondo
Filmati : Racconti di un pellegrino russo
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Racconti da Altervista Medjugoje
“Per misericordia di Dio sono uomo e cristiano, per opere gran peccatore, per vocazione pellegrino senza dimora, del ceto più umile, che va forestiero di luogo in luogo. I miei averi sono una bisaccia di pan biscotto sulle spalle, e in seno la sacra Bibbia, ecco tutto”. Con queste parole inizia un libro, pubblicato nel 1881 a Kazan’, che è stato uno dei maggiori successi editoriali del secolo appena trascorso, gli oramai celebri Racconti di un pellegrino russo. Il protagonista incarna una figura familiare sulle strade che traversano le sconfinate distese della Russia medievale e moderna e ricorrente nelle pagine di narratori e di poeti: è come se il lettore fosse accompagnato per mano in un pellegrinaggio interiore nelle profondità dell’orazione.
Più che di un libro ci imbattiamo qui in un’esperienza, un viaggio nella fede più pura e più vicina a Dio, un cammino spirituale profondo, molto diverso da una religiosità fatta di esteriorità, cui oggi siamo purtroppo spesso abituati. La preghiera incessante, che il pellegrino cerca di capire, è come innalzare una preghiera intima a Dio che non si interrompe mai, come il respiro.
Sin dalla data della prima comparsa nel 1870, quest’opera ha permesso a un vasto pubblico di conoscere la preghiera di Gesù, conosciuta come esicasmo, o la preghiera del cuore, le cui parole ripetute costantemente, proprio con il ritmo del respiro, sono “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Si tratta di un’antica invocazione nota al mondo monastico orientale, ripetuta incessantemente al punto da diventare un automatismo, una supplica costante di riconoscenza e di richiesta di misericordia rivolta al Signore. La preghiera del cuore è preghiera per eccellenza: teologicamente perfetta, esaustiva del pensiero creante e salvifico di Dio e, soprattutto, vicina alla condizione dell’uomo che si relaziona con Lui. Non è una forma di orazione facile, deve essere introdotta, spiegata e, soprattutto, praticata costantemente. Tutte le sue parole sono importanti. Le prime tre parole (Signore Gesù Cristo) sono dei titoli cristologici, sono i nomi con i quali la Sacra Scrittura definisce Gesù di Nazareth e a lui attribuiti per la sua predicazione, per le sue parole, per le sue opere e per la sua consapevolezza di essere il Figlio di Dio. Sono titoli che non possono essere dati a nessun altro, poiché riguardano solo Gesù.
Nel progressivo apprendimento di questa pratica, i Racconti del Pellegrino russo costituiscono una modalità semplice e accessibile per comprendere attraverso una forma narrativa come si può sviluppare la preghiera incessante. I due temi fondamentali di questo libro, che si articola in sette racconti, sono il pellegrinaggio e la preghiera, appunto.
Il pellegrinaggio è quello fisico, ma accanto ad esso, sovrapposto, vi è quello spirituale dell’uomo verso Dio. Attraverso la preghiera continua il cuore dell’uomo si unisce al Padre e lo fa attraverso l’invocazione del Figlio. Gesù pregava sempre. Sappiamo come Egli si ritirasse spesso in luoghi appartati per farlo, ma è anche vero che il suo spirito era sempre unito al Padre. La preghiera incessante è anche l’invito che Gesù fa ai suoi ad imitarlo.
Non è certo chi sia l’autore di questi racconti, oggi si ritiene sia lo ieromonaco Arsenij Troepol’skij(1804-1870), che visse in diversi monasteri russi e che sembra rispecchiare nell’itinerario del suo eroe le molte peregrinazioni della sua vicenda monastica e spirituale. Non è comunque così importante l’autore in questo caso, né la sua vicenda personale, che si dice in ogni caso reale, quanto il messaggio spirituale, intrinseco nelle storie riportate.
I Racconti narrano che il pellegrino, all’età di trent’anni, avendo perduto tutto, entra una domenica in una chiesa dove ode la frase di san Paolo: “pregate incessantemente” . L’esortazione lo induce a mettersi in cammino e diventerà il suo viatico. Dunque, alla ricerca di come pregare incessantemente e di qualcuno che possa insegnargli come farlo, quest’uomo, figura di ogni credente che intende iniziare un percorso di avvicinamento a Dio, si avvia con le parole: “Per misericordia di Dio sono uomo e cristiano, per opere gran peccatore, per vocazione pellegrino senza dimora, del ceto più umile, che va forestiero di luogo in luogo. I miei averi sono una bisaccia di pan biscotto sulle spalle, e in seno la sacra Bibbia, ecco tutto”.
Il primo racconto comincia dal punto in cui il Pellegrino narra come ha appreso da uno Starec, un maestro, la disciplina della Preghiera di Gesù, esercizi progressivi e guidati che avrebbero dovuto portarlo ad una preghiera incessante. La morte di questo starec interrompe l’apprendimento e costringe il pellegrino a riprendere il cammino, materiale, per un po’ interrotto a favore dell’apprendimento del metodo, verso Irkutsk e Gerusalemme che dovrebbe essere la sua meta, mai raggiunta fisicamente, e a sviluppare gli esercizi sotto la guida e l’aiuto degli scritti dei santi Padri con la Filocalia. In tal modo, si rende conto che il suo camminare non può più prescindere dalla preghiera del cuore: “A volte percorro in un solo giorno settanta e più verste, senza neppure accorgermi di camminare, tutto concentrato sulla mia preghiera. Quando soffro per il freddo pungente, comincio a recitare più velocemente la preghiera e subito mi riscaldo. Se la fame mi assale, invoco più spesso il nome di Gesù Cristo e dimentico di aver voglia di mangiare. Quando mi sento male, mi duole la schiena o le gambe, se mi concentro maggiormente sulla preghiera non sento più dolore. Succede anche che qualcuno mi offenda o mi picchi, ma subito rammento quanto è dolce la Preghiera di Gesù e l’offesa e l’ira scompaiono, senza che me ne ricordi più. Sono divenuto una specie di folle non ho più preoccupazioni, né affanni”.
La ripresa del viaggio verso Irkutsk è proprio il tema del secondo racconto. In questo percorso, interessante l’incontro con un capitano, salvato dal vizio del bere dalla lettura del Vangelo al quale il pellegrino dice: “Il divino nome di Gesù Cristo [recitato con la preghiera] racchiude infatti in sé tutte le verità evangeliche. I santi Padri dicono che la preghiera di Gesù riassume l’intero Vangelo”. Con la pratica di questa orazione il Pellegrino scopre ciò che affermano i Padri, vale a dire che “apre i misteri della Sacra Scrittura. Grazie a questa chiave cominciavo a comprendere il senso celato della Parola di Dio. Cominciavano a rivelarsi a me molte cose della Bibbia: l’uomo nascosto in fondo al cuore; la preghiera autentica; l’adorazione in spirito,il regno dentro di noi; lo Spirito che intercede per noi con gemiti inesprimibili. Compresi allora che cosa significhino le espressioni: cammina davanti a me; rimanete in me; dammi i tuo cuore; rivestitevi del Signore Gesù Cristo; […] come intendere l’esclamazione dal profondo del cuore: Abbà Padre”.
In un peregrinare fatto degli incontri e scontri più inusuali con persone e animali (aggressioni di briganti, di un lupo, etc. un pezzo di viaggio con un cieco) – si scopre progressivamente una pedagogia che spinge anche chi legge a diventare un cercatore della preghiera di Gesù.
Il terzo è un racconto breve, di congedo, prima della partenza verso Gerusalemme e vi si narra sommariamente della vita precedente al pellegrinaggio.
Dopo che nel secondo racconto è stato dato rilievo alla relazione tra la preghiera di Gesù e la comprensione delle Scritture, nel quarto capitolo si sottolinea il legame strettissimo tra questa pratica e la preghiera del Padre Nostro, attraverso alcune citazioni dalla Filocalia e soprattutto a quella espressione di Massimo il Confessore che “per pane quotidiano intende il nutrimento dell’anima e il pane celeste, cioè la Lettura della Parola di Dio, la Santa Comunione con il Corpo e il sangue di Cristo, l’unione dell’anima con Dio, il pensiero rivolto a Dio e l’incessante preghiera del cuore”. E se ciò fosse “impossibile o eccessivamente difficile, Dio non l’avrebbe chiesto a tutti”. Si spiega così come “qualsiasi cosa tu faccia devi sempre ricordare il Creatore di tutte le cose; se vedi la luce ricorda Chi te l’ha data, se vedi il cielo, il mare e tutte le cose che si trovano in essi, sii ammirato e glorifica Chi li ha creati, se indossi una veste, ricorda da Chi ti viene questo dono e ringrazia Colui che provvede alla tua vita,. In breve ogni tua azione ti faccia ricordare e glorificare Dio. A quel punto pregherai senza interruzione, e la tua anima se ne rallegrerà”.
Gli ultimi tre racconti si distinguono da quelli della prima raccolta per il carattere maggiormente didattico. Essi offrono ai lettori alcuni elementi indispensabili non necessariamente per imitare, ma per seguire il pellegrino nella sua ricerca del cuore. In questo modo, nel quinto racconto apprendiamo che la “preghiera di Gesù si rivela sin dalla sua forma, che consiste in due parti; la prima Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, rimanda l’intelletto alla storia della vita di Gesù Cristo o, come dicono i santi Padri, ‘riassume in sé l’intero Vangelo’; la seconda parte, abbi pietà di me peccatore, rappresenta efficacemente la storia della nostra condizione di debolezza e peccato. L’aspirazione e la preghiera di un’anima peccatrice, ma umile e semplice, non possono essere espresse in maniera più saggia, precisa e sostanziale che con queste semplici parole: abbi pietà di me”.
Ancora, nel sesto racconto arriviamo a scoprire che “il Signore ha voluto che la cosa più importante di ogni azione, vale a dire la qualità, fosse riservata alla sua volontà e al suo dono. E per mostrare più chiaramente all’uomo la sua dipendenza dalla volontà divina e insegnargli in questo modo l’umiltà, Dio ha lasciato alla volontà e alle forze umane soltanto la quantità della preghiera, comandando di pregare incessantemente in ogni tempo e in ogni luogo. Con ciò pertanto è rivelato il metodo segreto per raggiungere la preghiera autentica, e al tempo stesso la fede, l’osservanza dei comandamenti e la salvezza! Dunque, la parte dell’uomo è la quantità; l’assiduità della preghiera è di competenza della sua volontà…”. E ancora “l’unico mezzo per operare il bene e al tempo stesso ottenere la salvezza consiste nella preghiera assidua e incessante, per quanto imperfetta possa essere”.
Infine, l’ultimo racconto ci insegna come procedere all’acquisizione di un sempre maggiore spessore nella preghiera con la guida di un maestro, con la lettura delle Sacre Scritture, con l’esercizio costante che conduca ad una contemplazione autentica, avulsa e lontana da fantasticherie e immaginazioni, cui si giunge solo con la concentrazione interiore, con un silenzio autentico e con la preghiera di intercessione per i fratelli con la quale “grazie al reciproco aiuto, si può divenire più devoti, più eroici e più rivolti a Dio…”.