Spirito e corpo nel Cristianesimo e nel Buddismo
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Giovanni Paolo II
Varcare la soglia della speranza
Il Buddismo
" ... La soteriologia del buddismo costituisce il punto centrale, anzi l'unico, di questo sistema. Tuttavia, sia la tradizione buddista sia i metodi da essa derivanti conoscono quasi esclusivamente una soteriologia negativa. L'«illuminazione» sperimentata da Budda si riduce alla convinzione che il mondo è cattivo, che è fonte di male e di sofferenza per l'uomo. Per liberarsi da questo male bisogna liberarsi dal mondo; bisogna spezzare i legami che ci uniscono con la realtà esterna: dunque, i legami esistenti nella nostra costituzione umana, nella nostra psiche e nel nostro corpo. Più ci liberiamo da tali legami, più ci rendiamo indifferenti a quanto è nel mondo, e più ci liberiamo dalla sofferenza, cioè dal male che proviene dal mondo.
Ci avviciniamo a Dio in questo modo?
Nell'«illuminazione» trasmessa da Budda non si parla di ciò. Il buddismo è in misura rilevante un sistema «ateo». Non ci liberiamo dal male attraverso il bene, che proviene da Dio; ce ne liberiamo soltanto mediante il distacco dal mondo, che è cattivo. La pienezza di tale distacco non è l'unione con Dio, ma il cosiddetto nirvana, ovvero uno stato di perfetta indifferenza nei riguardi del mondo.Salvarsi vuol dire prima di tutto, liberarsi dal male, rendendosi indifferenti verso il mondo che è fonte del male. In ciò culmina il processo spirituale.
A volte si tenta di stabilire a questo proposito un collegamento con i mistici cristiani: sia con quelli del Nordeuropa (Eckhart, Taulero, Suso, Ruysbroeck), sia con quelli successivi dell'area spagnola (santa Teresa d'Avila, sar. Giovanni della Croce). Ma quando san Giovanni della Croce, nella sua Salita del monte Carmelo e nella Notte oscura, parla del bisogno di purificazione, di distacco dal mondo dei sensi, non concepisce tale distacco come fine a se stesso. «Per venire a ciò che ora non godi, devi passare per dove non godi. Per giungere a ciò che non sai, devi passare per dove non sai. Per giungere al possesso di ciò che non hai, devi passare per dove ora niente hai» (Salita del monte Carmelo, 1,13,11).
Questi testi classici di san Giovanni della Croce a volte, nell'Est asiatico, vengono interpretati come una conferma dei metodi ascetici propri dell'Oriente. Ma il dottore della Chiesa non propone soltanto il distacco dal mondo.
Propone il distacco dal mondo per unirsi a Ciò che è al di fuori del mondo: e non si tratta del nirvana, ma di un Dio personale. L'unione coni Lui non si realizza soltanto sulla via della purificazione. ma mediante l'amore.
La mistica carmelitana inizia nel punto in cui cessano le riflessioni di Budda e le sue indicazioni per la vita spirituale. Nella purificazione attiva e passiva dell'anima umana, in quelle specifiche notti dei sensi e dello spirito, san Giovanni della Croce vede prima di tutto la preparazione necessaria affinché l'anima umana possa essere pervasa dalla viva fiamma dell'amore. E tale è anche il titolo della sua opera principale:Fiamma viva d'Amore. Così, nonostante gli aspetti convergenti, c'è un'essenziale divergenza.
La mistica cristiana di ogni tempo a partire dall'epoca dei Padri della Chiesa d'Oriente e d'Occidente, attraverso i grandi teologi della scolastica, come san Tommaso d'Aquino, e i mistici nordeuropei, sino a quelli carmelitani non nasce da un'«illuminazione» puramente negativa, che rende l'uomo consapevole del male che sta nell'attaccamento al mondo mediante i sensi, l'intelletto e lo spirito, ma dalla Rivelazione del Dio virente. Questo Dio si apre all'unione con l'uomo e suscita nell'uomo la capacità di unirsi a Lui, specialmente per mezzo delle virtù teologali: la fede, la speranza e soprattutto l'amore.
La mistica cristiana di tutti i secoli sino ai nostri tempi anche la mistica di meravigliosi uomini di azione come Vincenzo de' Paoli, Giovanni Bosco, Massimiliano Kolbe ha edificato e costantemente edifica il cristianesimo in ciò che esso ha di più essenziale. Edifica anche la Chiesa come comunità di fede, speranza e carità. Edifica la civiltà, in particolare, quella «civiltà occidentale» segnata un positivo riferimento al mondo e sviluppatasi grazie ai tati della scienza e della tecnica, due branche del sapere radicate sia nella tradizione filosofica dell'antica Grecia nella Rivelazione giudeo-cristiana.
La verità su Creatore del mondo e su Cristo suo Redentore è una forza potente che ispira un atteggiamento positivo verso la creazione e una costante spinta a impegnarsi nella sua trasformazione e nel suo perfezionamento.
Il Concilio Vaticano II ha ampiamente confermato questa verità: l'indulgere a un atteggiamento negativo verso il mondo, nella convinzione che per l'uomo esso sia solo fonte di sofferenza e che perciò da esso ci si debba distaccare, non è negativo soltanto perché unilaterale, ma anche perché fondamentalmente contrario allo sviluppo dell'uomo e allo sviluppo del mondo, che il Creatore ha donato e affidato come compito all'uomo. Leggiamo nella Gaudium et spes:
«Il mondo che esso [il Concilio] ha presente è perciò quello degli uomini, ossia l'intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa vive; il mondo che è teatro della storia del genere umano, e reca i segni degli sforzi suoi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie; il mondo che i cristiani credono creato e conservato in esistenza dall'amore del Creatore, mondo certamente posto sotto la schiavitù del peccato, ma dal Cristo crocifisso e risorto, con la sconfitta del Maligno, liberato e destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e a giungere al suo compimento» (n. 2).
Tali parole ci mostrano come tra le religioni dell'Estremo Oriente, in particolare il buddismo, e il cristianesimo ci sia un'essenziale differenza nel modo di intendere il mondo. Esso, infatti, è per il cristiano creatura di Dio, redenta da Cristo. Nel mondo l'uomo incontra Dio: non ha perciò bisogno di praticare un così assoluto distacco per ritrovare se stesso nel profondo del Suo intimo mistero.
Per il cristianesimo non ha senso parlare del mondo come di un male «radicale», poiché all'inizio del suo cammino si trova Dio Creatore che ama la Propria creatura, un Dio che ha dato «il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).
Non è perciò fuori luogo mettere sull'avviso quei cristiani che con entusiasmo si aprono a certe proposte provenienti dalle tradizioni religiose dell'Estremo Oriente, in materia, per esempio, di tecniche e metodi di meditazione e di ascesi. In alcuni ambienti sono diventate una specie di moda, che viene accettata in maniera piuttosto acritica. Occorre prima conoscere bene il proprio patrimonio spirituale, e riflettere se sia giusto accantonarlo a cuor leggero. È doveroso far qui riferimento all'importante, anche se breve, documento della Congregazione per la dottrina della fede Su alcuni aspetti della meditazione cristiana (15.10.1989). In esso si risponde precisamente al quesito «se e come» la preghiera cristiana «possa essere arricchita da metodi di meditazione nati nel contesto di religioni e culture diverse» (n. 3).
Ecco cosa è il Buddismo e
la DISTRUZIONE DEL SE'?
Le Quattro Nobili Verità del Buddha
la ruota del dharma buddhista: gli otto raggi dell'ottuplice sentiero
1- la realtà dell'esistenza personale e del mondo esteriore è sofferenza, essa consiste nell' invarianza delle sue condizioni: nascita, malattia, morte, mancanza di ciò che si desidera, unione con ciò che dispiace, separazione da ciò che si ama;
2-l'origine del dolore è il desiderio di esistere, il bisogno del piacere e anche il suo rifiuto;
3-questa sete generatrice delle rinascite (Samsara)va estinta (il desiderio va eliminato) nel Nirvana ;
4-la via che conduce all'arresto della sofferenza è il Dharma (cioè l'Ottuplice Sentiero).
1-Ogni cosa, ogni essere e' impermanente : è vibrazione, mutamento. sofferenza ,dukka.
2-Ogni dukka nasce dal desiderio, tanha.
3-Per raggiungere l'immortalita' beata si deve entrare nella realta' , il Nirvana, ovvero l' estinzione del dukka .
4-L'ottuplice sentiero è la via
La seconda verità è che la causa della sofferenza è l'azione (karma), e in particolare l'azione non virtuosa che è causata dal desiderio e dall'odio, a loro volta figli dell'ignoranza.
L'individuo esiste, secondo il buddhismo, solo come insieme di cause e relazioni determinate all'interno di un più complesso sistema di cause e relazioni che costituisce il samara, il mondo in cui viviamo.
A seconda dei meriti o dei demeriti accumulati ci si reincarnerà nel regno degli dei, dei semidei, degli uomini, degli animali, degli spettri o de i spiriti infernali. Rinascere come? Nel cielo richiede particolari meriti consape- volmente accumulati . La esistenza umana offre invece spesso maggiori possibilità di risveglio in quanto non è né troppo dolorosa né troppo piacevole e rende possibile un profondo lavoro su se stessi. Si parla spesso infatti di «preziosa esistenza umana» proprio in quanto possibilità specifica e migliore per un cammino di liberazione dalle rinascite, che è il fine più alto.
E' questa la terza verità, che implica l'esistenza di uno stato al di là della sofferenza cui si accede eliminando la sua causa ultima, l'ignoranza. Questo stato è chiamato nirvana anche se, come si è accennato, sulla sua natura fra le varie scuole esistono varie controversie.
La quarta verità insegna che è possibile superare l'ignoranza attraverso l'etica, la meditazione e la saggezza. Compiere azioni meritorie è importante, ma i meriti si acquisiscono se non si fa il bene per caso (soltanto perché non è capitata l'occasione di fare il male) ma in ottemperanza a uno scopo o voto che ci si è consapevolmente prefissi. La principale saggezza è la consapevolezza che non esiste, propriamente, un sé, e la meditazione mira a spezzare tale illusione del sé.