Pesce controindicazioni
Il primo anno in cui nel mondo si sono mangiati più pesci prodotti in allevamenti che pesci catturati in natura è stato il 2013. Tracciabilità, sicurezza, sostenibilità ambientale e prezzi vantaggiosi sono le principali ragioni di una crescita a due cifre a livello mondiale per il settore dell'acquacoltura. Si riducono invece le riserve degli stock naturali, al punto che la stessa Unione Europea imporrà, con la prossima programmazione agricola, limiti severissimi al prelievo in mare aperto, applicati in particolare nel Mediterraneo. Questo significa che il pesce selvaggio sarà sempre di meno e costerà sempre di più.
A prima vista questo può sembrare un cambiamento positivo, il pesce è ampiamente considerato come una sana alternativa alla carne, non solo per la salute umana, ma anche per l'ambiente. Ma con la piscicoltura industriale, o l'acquacoltura, stiamo vedendo molti degli stessi problemi delle operazioni di alimentazione degli animali allevati industrialmente. Il consumo mondiale di pesce dal 1970 è quasi raddoppiato, il pesce come fonte proteica è cresciuta in popolarità visti i benefici per la salute dei grassi omega-3 EPA e DHA che sono stati ampiamente pubblicizzati. Nello stesso tempo, la carne bovina è considerata a rischio per il suo contenuto di grassi e per l'impatto sull'ambiente a causa dei metodi di allevamento intensivo utilizzati per la gestione di grandi quantità di bestiame per farlo crescere il più rapidamente possibile. Purtroppo, molte specie popolari di pesci selvatici sono stati pescati intensivamente fino al punto di arrivare quasi all'estinzione come Greenpeace ha dichiarato: "La domanda di pesce sta superando i limiti ecologici degli oceani, con effetti devastanti. Oggi si stima la capacità di pesca globale quattro volte superiore alla quantità di pesci esistenti per la cattura." Con le popolazioni ittiche selvatiche in diminuzione, il pesce aggiuntivo per il consumo a livello globale è in gran parte proveniente da allevamenti, piuttosto che dai mari dove cresce in modo naturale.
Più pesce che carne negli allevamenti del mondo
L'acquacoltura supera l'allevamento di animali con 66 milioni di tonnellate di pesce prodotte sui 63 milioni di tonnellate di carne rossa. E' quanto afferma l'API (Associazione dei Piscicoltori Italiani di Confagricoltura nel rapporto dell'Hearth Policy Institute e da uno studio dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.) L'industria dell'allevamento del pesce è cresciuta a livello globale sei volte negli ultimi 20 anni. Entro il 2015 secondo l'API si consumerà ancora più pesce di allevamento che pescato. Da alcuni dati comunicati di recente da parte della LAV, emerge come, secondo l'Istituto di Ricerche Economiche per la Pesca e l'Acquacoltura (Irepa), nel 2011 in Italia siano state consumate 1 milione e 197 mila tonnellate di pesce, 19,7 kg pro capite, il 79,9% delle quali importate dall'estero, con scarsa qualità e senza tracciabilità del prodotto.
Gli allevamenti ittici
Come gli allevamenti terrestri, la piscicoltura industriale ha avuto problemi fin dall'inizio, tra cui le condizioni di sovraffollamento, malattie, inquinamento e diete innaturali. I pesci d'allevamento vengono tenuti in gabbie nel mare dove gli agenti patogeni possono diffondersi a macchia d'olio e contaminare anche i pesci selvatici che nuotano nelle vicinanze. La Norvegia, primo produttore mondiale di salmone d'allevamento, ha riconosciuto questo problema, e non consente allevamenti ittici localizzati in fiumi o torrenti popolati da specie pregiate autoctone per questo motivo. Ma in altre aree dove non esistono restrizioni, le specie selvatiche sono di conseguenza minacciate. I pidocchi di mare, un tipo di crostaceo che viene facilmente incubato da pesci in cattività negli allevamenti sono diventati un problema significativo, anche per i salmoni selvatici giovani che naturalmente non sono infestati da pidocchi e altri tipi di virus letali presenti negli allevamenti ittici, ma che, oggi vengono rilevati anche nelle popolazioni selvatiche. Tra questi:
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il virus della leucemia, che attacca il sistema immunitario del salmone causandone la morte in modo molto simile alla patologia dell' AIDS;
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il virus dell'anemia infettiva del salmone (ISA), noto anche come influenza del salmone, che è altamente letale;
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il reovirus piscine, che causa ai salmoni una cardiopatia che impedisce loro di nuotare verso monte.
E 'importante essere consapevoli che tutti gli allevamenti di pesci sono alimentati con una miscela di vitamine, antibiotici e, in base alle varie specie pesce, con pigmenti sintetici per compensare la mancanza di colorazione naturale della carne a causa della dieta innaturale. Senza pigmenti artificiali, la carne del salmone d'allevamento, per esempio, sarebbe di un colore grigio pallido poco appetibile. Nell'alimentazione dei pesci sono presenti anche pesticidi e, per mantenere le reti libere da alghe vengono utilizzati composti, come il solfato di rame. altamente tossici. Alimentandosi di questi tipi di pesce, non solo si ingeriscono farmaci e sostanze chimiche, ma le tossine si accumulano anche nei sedimenti del fondo marino. In questo modo, la piscicoltura industriale solleva molte delle stesse preoccupazioni ambientali per i prodotti chimici e le sostanze inquinanti che sono associati all'allevamento intensivo dei bovini, polli e maiali. Gli scarti di pesce e il mangime non consumato formano una lettiera sul fondo del mare sotto le gabbie determinando lo sviluppo di batteri che consumano ossigeno vitale ai crostacei e altre creature marine che vivono in fondo al mare. Gli studi hanno anche accertato costantemente livelli di PCB, diossine, toxafene e dieldrin, così come il mercurio, più elevati nel pesce di allevamento che nel pesce selvatico.
I pesci di allevamento sono nutriti con scarti, sottoprodotti della macellazione dei polli, soia OGM e altri cibi innaturali
In acquacoltura l'alimentazione ittica è stata a lungo causa di polemiche su come i pesci, originariamente selvatici tipo le acciughe, le aringhe e le sardine. vengano utilizzati per preparare la farina di pesce e impiegata per i mangimi destinati all'alimentazione dei pesci di allevamento riducendo così l'approvvigionamento naturale in alcune aree. Per esempio, il krill (piccoli crostacei) pescato a livello mondiale viene utilizzato in acquacoltura come alimento ittico in ragione del 43%! Per ogni chilogrammo di salmone allevato servono cinque chili di pesce grasso, come aringhe o sardine da utilizzare nella preparazione del mangime. Queste specie ittiche vengono quindi letteralmente spazzate via dai mari con una ricaduta negativa sugli equilibri dei delicati ecosistemi marini. Nella Columbia Britannica, in Canada o in Cile, le orche, i delfini e le foche che una volta frequentavano gli estuari dei fiumi continuano a diminuire, sono sempre più affamati e vengono spesso respinti dai dispositivi che gli allevatori di salmoni utilizzano per proteggere i propri recinti. Pare chiaro che la farina di pesce per l'alimentazione dei pesci d'allevamento sta rapidamente diventando insostenibile, così come si è verificato nell'allevamento animale intensivo di terra quando i bovini sono passati dalla loro naturale dieta di erba di cereali naturali ad altri prodotti di scarto. L'Earcy Institute riferisce:
"Sul fronte dei mangimi per i pesci, nella farina i produttori hanno deciso di incorporare nei loro prodotti altri scarti diversi da quelli di pesce. Oggi circa un terzo della farina di pesce è costituito da ritagli di pesce e il resto di altri sottoprodotti. Alcuni allevatori stanno utilizzando, in sostituzione parziale della farina di pesce, gli scarti di lavorazione del pollame e degli alimenti a base vegetale e oli poco appetibili per l'alimentazione umana cercando così di non ridurre eccessivamente la popolazione ittica selvatica dei mari e degli oceani”.
E' stato detto che le farine di soia, le proteine di soia concentrate, l'olio di soia e altre proteine vegetali e oli possono sostituire fino a metà della farina di pesce utilizzata nei mangimi destinati a molte specie di pesci d'allevamento. Ma i pesci nutriti con la soia producono più rifiuti, il che significa più inquinamento dei mari. Inoltre, la maggior parte della soia proveniente dall'estero è OGM, il che significa che gli alimenti OGM stanno anche entrando nell'ambiente e nelle diete di organismi marini selvatici contaminando, in modo permanente, i nostri mari con conseguenze del tutto sconosciute. Gli OGM di soia sono anche immancabilmente contaminati con residui di potenti formulazioni di erbicidi a base di glifosato (es. Roundup) utilizzate per la loro produzione che, un crescente numero di ricerche mostrano chiaramente essere estremamente tossici per la vita acquatica. Ciò altera anche il contenuto nutrizionale del pesce, il salmone d'allevamento, per esempio, contiene molto più omega-6, a causa della dieta a base di cereali. Il rapporto tra i grassi omega-3 e omega-6 del salmone selvatico è di gran lunga superiore; il salmone selvatico contiene in genere dal 600 per cento a 1.000 per cento in più di omega-3 rispetto agli omega-6. Infatti, nei pesci di allevamento il livello di omega 3 rimane pressoché invariato, mentre l'omega 6 aumenta moltissimo. Il rapporto tra i due acidi grassi per essere funzionale deve essere circa 3, in questo caso si trova intorno a 1 rendendolo così non più un cibo salutare.
Oltre il 60% del pesce consumato oggi in Italia proviene dall'estero, soprattutto da paesi extraeuropei dove spesso non viene rispettata alcuna regola e non vi è alcun controllo sul pescato. Qualche anno fa, la Commissione Europea e l'Europarlamento si preoccuparono di fare il punto sugli allevamenti ittici e sulle loro condizioni. Il documento che ne uscì, frutto di una ricerca, sottolineò con preoccupazione l'eccesso didiossina riscontrato nei mangimi e l'uso intensivo di antibiotici in grado di accelerare la crescita dei pesci. A rilevare una situazione preoccupante sono stati il comitato scientifico per il cibo (Scf) e quello per l'alimentazione animale (Scan), secondo cui le farine e l'olio di pesce sono i mangimi più contaminati dalla diossina. Sia i pesci di mare usati per realizzare questi mangimi, così come i pesci d'acqua dolce allevati con tali mangimi, avrebbero un livello di contaminazione di diossina (e derivati) molto più alto rispetto alla carne di pollo, manzo, maiale e vitello.
I pesci più a rischio di accumulo diossina sono quelli di pezzatura più grossa, come ad esempio il salmone, soprattutto se questo è allevato in vasche che ne restringono al massimo la possibilità di movimento. Anche l'Efsa, l'Ente europeo per la sicurezza alimentare, si è posta seriamente il problema dei contaminanti contenuti nei pesci di allevamento, come ad esempio il Pcb, i policlorobifenili, presenti in quantità che raccomandano di diminuire o di eliminare. I Pcb sono in grado di alterare il meccanismo di funzionamento degli ormoni prodotti dalla tiroide, sembrano interferire con lo sviluppo del sistema nervoso e sono stati classificati dalla Iarch (International Agency for Research and Cancer) come probabili cancerogeni per l'uomo; occorre quindi fare molta attenzione.