Noi la Chiesa e l'Islam

21.09.2016 22:02

Tante "piccole verità"  e "testimonianze" sull'Islam a seguito di molte ricerche sulla rete globale

Filmato  :  La verità che non dicono su l'Islam  

di   Bill Warnier 

Bill Warner ha conseguito un PhD in fisica e matematica presso il “NC State University” nel 1968; è stato professore universitario, uomo d'affari, e fisico applicata. Era un membro del personale tecnico in fisica dello stato solido ai Sarnoff Princeton laboratori nel settore della strutture di circuiti integrati. Durante la crisi energetica degli anni '80 ha fondato e gestiva una società specializzata in energia case ad alta efficienza. Per otto anni è stato professore presso Tennessee State University e la Scuola di Ingegneria. Dr. Warner ha avuto un interesse per tutta la vita nella religione e dei suoi effetti sulla storia. Ha studiato i testi originali delle principali religioni per decenni. Anche prima della distruzione del World Trade Center che aveva predetto la guerra tra l'Islam e l'America. Il giorno dopo il 9/11 ha deciso di rendere i testi originali dell'Islam disponibili per il pubblico. 

 

Filmato  :   L'Islam moderato raccontato da una musulmana

 

documentario contro l'intolleranza .... con  Raheel Raza.  Sito Web  Vitalvoices

Autore di “Loro jihad ... NON IL MIO Jihad” Raheel Raza è uno scrittore, oratore pubblico, consulente per le diversità religiose ed avvocato. Raza lavora per colmare il divario tra Est e Ovest, la promozione della diversità culturale e religiosa attraverso la sua scrittura e ed i suoi discorsi. E 'apparsa numerose volte in stampa, in televisione e radio per discutere la diversità, l'armonia e le diversità religiose. Un appassionato sostenitore dei diritti umani e un leader tra le donne musulmane, Raza ha la particolarità di essere la prima donna musulmana in Canada per la conduzione delle preghiere di genere misto. Raza ha ricevuto molti riconoscimenti per il suo lavoro per costruire ponti di comprensione. In una presentazione ai membri del Parlamento e diplomatici internazionali alla Camera dei Comuni, Raza ha ricevuto una “standing ovation” in risposta al suo discorso di 30 minuti dal titolo "Celebrare le nostre differenze". Lei è un destinatario del premio città di Costanza Hamilton di Toronto e ha la particolarità di essere la prima donna meridionale a fare la narrazione per un documentario CBC su "Passionate Eye". Lei ha parlato ad Harvard e alla Columbia; in chiese e sinagoghe, nel settore privato, al Dipartimento di giustizia, nelle School Boards e nelle istituzioni governative. 

 

Filmato   :   Islam Rai Storia      di  Folco Quilici  (attendere pochino)

Sito Web :   Folco Quilici    Biografia 

 

Noi la Chiesa e l'Islam

Negli anni Novanta la politica ecclesiale verso l'Islam nazionale è stata inizialmente orientata da organizzazioni come Caritas e Migrantes. Nell'immigrato esse hanno visto il 'fratello in Cristo' più che il musulmano, il povero più che l'uomo di altra fede, facendo prevalere l'imperativo della carità cristiana sulle differenze religiose. L'azione di quelle organizzazioni, frutto di precisi orientamenti pastorali e di emergenze sociali, ha costituito a lungo, nei fatti, la politica della Chiesa verso l'Islam. Posizione però mai totalmente condivisa da un corpo ecclesiale che si conferma complexio oppositorum, insieme degli opposti. Le voci di dissenso, espressione dell'ala del clero più tradizionalista e dei vescovi più legati all'idea di cristianità come tradizione europea, erano però, oltre che in minoranza, flebili. I primi autorevoli dissensi sono manifestati da monsignor Alessandro Maggiolini_nell'autunno_1998.

Maggiolini apre la breccia. La Cei l'allarga

Il vescovo di Como - unico membro italiano della commissione che ha redatto il nuovo catechismo della Chiesa cattolica - interviene a più riprese contro la "colonizzazione passiva" prodotta da processi migratori incontrollati. Rileva che "presto si dovrà insegnare l'Islam anche nelle scuole pubbliche" e che i diritti legati alla libertà religiosa metteranno in forse gli stessi privilegi concordatari all'interno del sistema educativo. Invita la comunità ecclesiale a riflettere sulla società multireligiosa, definita 'non aprioristicamente perfetta'. Attacca l'ecumenismo facile, rivendica una forte identità cattolica e invita ad affermare che l'Islam non è religione pienamente vera. Un atteggiamento debole , secondo il vescovo lariano, può alla fine generare integralismi e guerre di religione. Maggiolini apre una breccia nel mondo episcopale. Già il consiglio permanente dei vescovi del gennaio 2000 segna un'inversione di rotta nei confronti dell'Islam. A conclusione dei lavori il segretario della Conferenza episcopale italiana, il vescovo Ennio Antonelli, braccio destro del cardinale Camillo Ruini, richiamerà l'attenzione dei credenti sul crescente numero dei matrimoni tra musulmani e cattolici - sino a oggi circa 12 mila - e sulle difficoltà che incontrano. Oltre che sulle troppe autorizzazioni - circa un centinaio all'anno concesse dalla Chiesa - in tema di matrimoni misti. Dalla discussione della Cei matura la decisione di adottare un orientamento comune dei vescovi sulla questione dei matrimoni fra cattolici e musulmani, valutando rigorosamente, caso per caso, le condizioni di dispensa per la celebrazione. La Cei manifesta il suo disagio anche per il 'diffondersi di un modello familiare in cui rientra anche la poligamia', praticata di fatto in molte comunità islamiche nonostante i divieti vigenti. Alcuni musulmani, già sposati per lo Stato italiano, contraggono infatti matrimonio secondo le norme islamiche, con rito privo di registrazione. A conferma della diffusione di questa prassi occorre ricordare che il riconoscimento del matrimonio islamico senza effetti civili è stato richiesto dalle stesse comunità musulmane nelle bozze d'intesa sottoposte all'esame del governo italiano. Ma anche le conversioni all'Islam, in un tempo in cui la Chiesa ritiene necessario 'rievangelizzare' la comunità che si proclama cristiana, preoccupano i vescovi. I convertiti italiani, tra matrimoni e scelta personale, sono circa 50 mila. Ciò che inquieta la Chiesa, più che il loro numero, è l'attrazione che l'Islam, in quanto fede dall'identità forte, sembra esercitare tra coloro che manifestano segni di risveglio religioso. In questa 'rinascita' essi non scelgono nuovamente il cristianesimo, cui sembrano attribuire un'identità debole, di etica più che di fede. I vescovi ribadiscono comunque il dovere di annunciare il Vangelo anche ai musulmani. Per svolgere al meglio l'azione evangelizzatrice la Cei auspica che le diocesi si dotino di persone esperte di cultura islamica e di lingua araba. Antonelli, riprendendo gli "Orientamenti pastorali per l'immigrazione ' espressi dalla Cei già nel 1993, esorta anche a non concedere agli islamici luoghi di preghiera in edifici, chiese o sale parrocchiali, appartenenti a qualsiasi titolo alla Chiesa. Questa pratica, diffusa tra i parroci, può essere considerata dagli islamici come segno di debolezza, dato che in nessun paese musulmano le moschee o locali annessi verrebbero concessi a cristiani. Il braccio destro di Ruini ribadirà anche il 'no' all'intesa tra lo Stato italiano e la comunità musulmana, rilevando che l'intesa non è necessariamente lo strumento migliore per regolare i rapporti con l'Islam


Sentinelle della cristianità'. Entrano in campo i preti

La svolta dei vescovi, sintetizzata dall'invito a evitare nei confronti dei musulmani 'ingenui irenismi' , è frutto anche del disagio manifestato dal loro 'gregge' nei confronti dell'insediamento musulmano. In particolare nel Nord, dove questo disagio trova proiezione anche sul terreno politico per l'azione di un imprenditore politico della xenofobia come la Lega di Bossi, che rivendica apertamente l'identità cristiana della popolazione locale in contrapposizione 'all'invasione islamica'. La nuova posizione episcopale registra le posizioni critiche nei confronti dell'Islam da parte di numerosi sacerdoti. Alcuni impegnati nelle diocesi e quindi quotidianamente a confronto con le comunità islamiche nel territorio. Altri, con diverso status ecclesiale e diverso ruolo esercitato nella scena pubblica, impegnati nel sociale o in campo politico. Pur sempre sacerdoti però. E, grazie all'accesso ai media, in grado di orientare la pubblica opinione. Sono queste 'sentinelle della cristianità' che introducono nel dibattito sull'Islam concetti semplificatori ma efficaci sul piano nella comunicazione politica. Uno di essi è don Pietro Gelmini. Intervenendo a una manifestazione di Alleanza Nazionale egli affermerà che i musulmani in Italia mettono in discussione "la purezza dei nostri valori", "sposano le donne cattoliche per convertirle all'Islam" e che occorre "bloccare questo germe!". Ma è don Gianni Baget Bozzo che, in una lettera aperta a Umberto Bossi sulgiornale 'la Padania', fa sintesi del pensiero del clero tradizionalista sull'Islam. In un 'testo di persecuzione' che ha come ipotesi principale quella di affidare alla Lega, il 'compito particolare della difesa della Padania dall'islamizzazione', il consigliere di Berlusconi accusa i cattolici di vedere nell'Islam 'l'Altro', divenuto il 'vero sentimento di obbligazione dei cattolici al posto di Dio'. Mentre il "trovare moschee" sembra diventato il vero compito per il clero . La Chiesa pare ignorare così che da quegli stessi spazi, data la concezione territoriale dell'Islam, comincerà "la frattura interna della società italiana e la pressione islamica sulla cristianità'. Secondo l'ex-delfino del cardinale Siri scopo dell'Islam è la guerra alla cristianità, ancor prima che alla Chiesa. Gli islamici hanno capito che i 'preti hanno già rinnegato la cristianità'. A giudizio del sacerdote genovese la Chiesa ha ormai abdicato davanti a una fede forte come quella musulmana. Sempre sull'organo della Lega, Baget Bozzo dirà poi che l'episcopato italiano e il clero hanno rinunciato 'a spiegare ai fedeli cos'è l'Islam perché da tempo hanno cessato di piegare cos'è il cattolicesimo'. Egli riconosce al cardinale Raztinger di avere posto il problema della difesa dell'identità cristiana ma ritiene che anche questa presa di posizione sia tardiva e inefficace in un corpo debole come quello della Chiesa, che non protegge più ' la fede dall'invasione islamica'. Le pesanti accuse di Baget Bozzo rappresentano le critiche radicali di un prelato che, dal Concilio Vaticano II, mantiene con l'istituzione ecclesiale un rapporto assai conflittuale. Ma esse toccano la Chiesa in quanto esprimono in termini molto polemici un sentimento diffuso nel corpo ecclesiale e tra molti cattolici.

 

Ratzinger contro "l'ideologia del dialogo".

La discussione sull'Islam avviene mentre è in corso da tempo, in ambito teologico, una riflessione sul rapporto tra cristianesimo e le altre religioni. Da questa discussione emerge una corrente di pensiero che mira a una sorta di rifondazione dell'identità cristiana. Messa in crisi, secondo questa interpretazione, non solo dal nichilismo contemporaneo ma anche da un certo tipo di dialogo interreligioso che tende ad annullare , in nome dell'ecumenismo e in una sorta di 'relativismo religioso', le varie differenze teologiche. La dichiarazione 'Dominus Iesus' dell'agosto 2000, emessa dal prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinale Joseph Ratzinger, e ratificata da Giovanni Paolo II, diviene il manifesto teorico di questa corrente. La 'Dominus Iesus' rivendica un'identità cattolica forte. Capace di reggere l'urto non solo con la secolarizzazione ma anche con una religione come l'Islam che si manifesta come un temibile concorrente sul 'mercato dei beni religiosi'. Il documento, per l'autorevolissima sede da cui proviene, indica che la posizione della Chiesa nei confronti dell'Islam si fonda ormai più sulla differenza identitaria che sul dialogo. 

Biffi: ”l'umanità estranea” e le quote religiose.

Sarà il cardinale Giacomo Biffi, nel settembre 2000, a evocare senza eccessive mediazioni l'Islam come il nemico della cristianità. L'arcivescovo di Bologna affronta il tema immigrazione, sottoponendo a una critica radicale sia la comunità ecclesiale sia lo Stato. Le comunità cristiane sono accusate di avere una visione astratta e settoriale della questione migratoria. Le generiche esaltazioni della solidarietà e del primato della carità evangelica si dimostrano, per Biffi, più volontaristiche che utili. Per l'arcivescovo bolognese la Chiesa non ha compreso pienamente le conseguenze radicali del fenomeno. Egli ricorda polemicamente che essa stessa è responsabile di un vuoto di orientamento, avendo alimentato e diffuso in passato una 'cultura dell'accoglienza' senza evidenziare le difficoltà che potevano derivarne. Biffi ricorda ai cattolici che 'non é compito della Chiesa risolvere ogni problema sociale che la storia di volta in volta presenta'. Essi non devono nutrire complessi di colpa per le emergenze sociali. E' "integralismo" credere che le organizzazioni ecclesiali possano risolvere ogni problema. Esse non possono supplire l'inadeguatezza delle autorità pubbliche.Compito della Chiesa è invece l'annuncio del Vangelo. Tale missione, per Biffi, può essere coadiuvata, ma non surrogata, dall'attività assistenziale. Un'evangelizzazione che non tollera deliberate esclusioni di destinatari. Polemicamente egli ricorda ai cattolici che il Signore non ha detto: 'Predicate il Vangelo ad ogni creatura, tranne i musulmani, gli ebrei e il Dalai Lama'. Chi contesta questo annuncio pecca di intolleranza e impedisce ai cristiani di essere 'cristiani'. Nessuna rinuncia alla conversione, dunque. Ma per essere buoni evangelizzatori, afferma Biffi riecheggiando Ratzinger, i cattolici devono convincersi che la fede cristiana è la 'vera fede', inconfrontabile con le altre religioni. Biffi polemizza anche nei confronti delle organizzazioni cattoliche che si occupano di immigrazione. Egli ritiene 'non ammissibile' che un problema così complesso possa essere affrontato esclusivamente dalla 'Caritas italiana', che ha un campo di valutazione e di interesse delimitato. Sui temi dell'evangelizzazione e della identità cristiana - e sulla questione dell'immigrazione globalmente intesa ' la Chiesa non deve dare deleghe a nessun particolare organismo ecclesiale. L'intervento di Biffi , nella duplice veste di 'vescovo ' e di 'cittadino italiano' investe anche il terreno istituzionale, spingendosi sino a delineare una politica migratoria alternativa a quella attuale. Per il cardinale uno stato davvero 'laico' deve garantire convivenza e integrazione nella società multietnica. I criteri di ammissione degli immigrati non possono perciò essere solamente economici. Una composizione non mirata dei flussi migratori può snaturare la specifica identità italiana, che egli fa coincidere con quella cattolica. Per evitare quest'esito indesiderato Biffi prefigura una politica migratoria fondata su 'quote religiose' , che favorisca l'arrivo delle popolazioni cattoliche o almeno cristiane, per le quali l'inserimento è ritenuto più facile. Un netto segnale rosso invece per i musulmani, a causa della loro 'diversità'. Alimentazione, giorno festivo, diritto di famiglia, concezione della donna lontana da quella occidentale, poligamia. Soprattutto 'una visione rigorosamente integralista della vita pubblica, che non separa religione e politica' che aspettano prudentemente di far valere una volta diventati preponderanti. Prefigurando scenari futuri, Biffi afferma che gli islamici - nella stragrande maggioranza e con qualche eccezione - vengono da 'noi' risoluti a restare estranei alla nostra 'umanità', individuale e associata, in ciò che ha di più essenziale, di più prezioso, di più 'laicamente' irrinunciabile. Essi sono 'decisi a rimanere sostanzialmente 'diversi', in attesa di farci diventare tutti sostanzialmente come loro e di trasformare nel lungo termine - grazie anche a quelle che egli ritiene dissennate politiche demografiche e familiari la società italiana in una società islamizzata. Biffi traccia anche le linee che lo stato dovrebbe seguire nel definire le politiche di inclusione. A partire da quella che egli chiama 'inculturazione'. Gli immigrati che risiedono stabilmente nel paese devono conoscere le sue tradizioni e la sua identità. [...] L'Italia infatti 'non è una landa deserta o semidisabitata, senza storia, e senza tradizioni, senza fisionomia culturale e spirituale, da popolare indiscriminatamente, come se non ci fosse un patrimonio tipico di umanesimo e di civiltà che non deve andare perduto'. Essa è nazione cristiana. Salvare l'identità cristiana della nazione è dunque il compito principale che spetta , secondo il cardinale, non solo ai cristiani ma anche allo stato 'laico. Per l'arcivescovo di Bologna l'insediamento dell'Islam e la demografia non lasciano dubbi sul futuro dell'Europa: o riscopre la sua vera identità e ridiventerà cristiana, o diventerà musulmana. Senza avvenire è invece la 'cultura del niente', della libertà senza limiti e senza contenuti, atteggiamento dominante oggi nei popoli europei 'ricchi di mezzi e poveri di verità'. Questa 'cultura del niente' non reggerà l'assalto ideologico dell'Islam. Solo la riscoperta dell''avvenimento' cristiano' - e quindi dell'antica anima dell'Europa - potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto. Ma né i 'laici' né i 'cattolici' si rendono conto del dramma che si sta profilando. I 'laici', osteggiando la Chiesa, non si accorgono di combattere 'l'ispiratrice più forte e la difesa più valida della civiltà occidentale e dei suoi valori di razionalità e di libertà'. I cattolici, 'lasciando sbiadire la verità posseduta e con il dialogo a ogni costo, preparano inconsciamente la propria estinzione'. La speranza, egli afferma, è che la gravità della situazione possa risvegliare in loro sia la ragione sia la fede. L'influenza del cardinale si fa sentire anche nella Chiesa emiliana. Così, nel novembre 2000 arcivescovi e vescovi dell'Emilia Romagna licenziano un piccolo opuscolo di informazione sull'Islam. [...] Il testo ribadisce il dovere per i nuovi arrivati di conoscere la realtà italiana. In caso contrario potrebbero essere accusati, 'a giusto titolo' di quell'insensibilità e di quell'arroganza verso il paese ospitante, che da più parti sono state rimproverate in passato a un certo tipo di colonialismo. Viene anche affrontato il tema della conversione di cristiani all'Islam, attribuita al vuoto di verità e di senso delle società contemporanee. Vuoto riempito da una religione, l'slam, che chiede solo un atto di fede in Dio, non possiede dogmi, misteri, strutture gerarchiche, riti sacramentali. Per i vescovi emiliani è proprio questa struttura religiosa semplice che favorisce l'incontro con le pregiudiziali 'laicistiche' di molti italiani. Le posizioni di Biffi e dei vescovi emiliani, a conferma di un sentire diffuso, saranno fatte proprie anche da un vescovo del Sud come Cosmo Francesco Ruppi, arcivescovo di Lecce e membro del Consiglio episcopale permanente della Cei, che parlerà di 'regìa occulta' nei processi migratori per favorire l'immigrazione islamica e distruggere l'identità cristiana, italiana ed europea.

 

Martini e l'eredità illuminista dell'Europa.

L'allarme nei confronti dell'Islam coinvolge ormai anche settori di orientamento diverso da quelli rappresentati da Biffi. Come quelli della corrente 'progressista che fanno riferimento al cardinale Carlo Maria Martini. L'arcivescovo di Milano ha sempre manifestato interesse verso l'Islam. Nel 1990 l'Arcidiocesi di Milano ha dato vita al Centro Ambrosiano di Documentazione sulle Religioni, una struttura che ha dedicato particolare attenzione al mondo musulmano. Alla vigilia di sant'Ambrogio del 1990, Martini, in un discorso dal significativo titolo 'Noi e l'Islam. Dall'accoglienza al dialogo', pur mettendo in luce le differenze tra Islam e cristianesimo, insisteva sul tema del dialogo con i musulmani e poneva l'accento sull'integrazione. Dieci anni dopo, sempre alla vigilia di sant'Ambrogio, a conferma di una posizione mutata nel corso del tempo, Martini, dedica all'Islam un capitolo d'un suo discorso sulla famiglia. Mettendo in luce le difficoltà nel dialogo e nell'integrazione. L'arcivescovo di Milano richiama la "costante" della visione del mondo islamica, fondata sulla "sovrapposizione di religione e politica e l'immediata derivazione del diritto positivo da istanze puramente religiose". Questa interpretazione, ricorda Martini, contrasta con la Costituzione, che non è un contratto ma un "patto di convivenza" che obbliga al rispetto dei suoi principi e diritti fondamentali. Chi non vi aderisce non può entrare nella 'casa comune'. La mancata distinzione tra diritto e religione, aggiunge il cardinale, è evidente nel caso del matrimonio islamico che ha 'uno statuto molto squilibrato'. Da ciò derivano 'elementi di contrasto con il nostro codice civile". Tanto più gravi in quanto nel matrimonio e nella famiglia ' è custodito il nucleo più intimo di una cultura e di una tradizione che fa tutt'uno con la nostra identità collettiva'. L'apertura al pluralismo delle culture e dei modelli familiari, afferma Martini, deve convivere 'con i valori di portata universalistica della tradizione europea e occidentale', patrimonio della nostra civiltà. Solo la consapevolezza di tale eredità permette di evitare nella società multiculturale sia il relativismo-sincretismo sia le derive dello stato etico. Nel primo caso si favorisce l'emergere di un individuo 'sradicato da ogni patrimonio culturale e in balia dei più diversi modelli di convivenza'. Nel secondo la comparsa di 'comunità blindate, inclini ad assolutizzare e imporre agli altri i propri modelli di convivenza'. Chiara qui è l'allusione al comunitarismo islamista di matrice neotradizionalista. Il cardinale di Milano si richiama ai principi della laicità della cultura europea, frutto dell'incontro tra illuminismo e cristianesimo. Per lungo tempo in contrasto, essi hanno prodotto infine una sintesi imperniata sulla dignità della persona umana e sui diritti fondamentali dell'uomo. È in nome di questi diritti che l'ordinamento italiano non può recepire istituti di diritto matrimoniale che sminuiscono il principio dell'uguaglianza, della pari dignità sociale e della libertà religiosa. Le recenti posizioni di Martini sull'Islam, senza giungere agli eccessi biffiani, sembrano dunque prendere atto che il dialogo, praticabile più facilmente tra singoli credenti, è meno facile nei confronti delle comunità musulmane organizzate.

 

Giovanni Paolo II : l'ethos della nazione.

La Chiesa italiana non può non tenere conto, infine, delle posizioni di Giovanni Paolo II sull'Islam. Il papa è meno timoroso del dialogo con altre culture e religioni. La sua linea, come rende evidente anche il Messaggio per la giornata della pace che conclude il Giubileo, è quella 'dell'identità e dialogo'. Papa Wojtyla afferma che occorre individuare principi etici di fondo per regolare la convivenza nella società multietnica. Per il papa le istanze culturali degli immigrati vanno rispettate e accolte; ma solo se non si pongono 'in antitesi ai valori etici universali, insiti nella legge naturale, ed ai diritti umani fondamentali'. Giovanni Paolo II ricorda che il diritto degli immigrati al riconoscimento giuridico di specifiche espressioni culturali, è legato alla 'valutazione del bene comune' in un dato momento storico e in una data situazione territoriale e sociale. Il richiamo permette al papa di sottolineare l'importanza del legame tra cultura e territorio. Occorre garantire a un territorio un certo "equilibrio culturale", in rapporto alla cultura prevalente. Equilibrio che, nel rispetto dei diritti fondamentali delle minoranze, prevede la continuità di una determinata "fisionomia culturale". Ovvero di quel patrimonio di lingua, tradizioni e valori che si legano generalmente all'esperienza della nazione e al senso della patria. Se ne deduce che l'equilibrio culturale della 'cattolica Italia' non può essere alterato dalla presenza islamica. L'esigenza di "equilibrio culturale" di un territorio, ricorda Wojtyla quasi a sconfessare Biffi, non può però essere soddisfatta con strumenti legislativi. Questi non sono efficaci se privi di fondamento nell'ethos della popolazione e sono destinati a cambiare quando una cultura perde forza. Per il papa occorre invece mantenere una cultura viva e vitale. Solo così essa non verrà sopraffatta, mentre nessuna legge potrebbe tenerla in vita artificiosamente. La linea di Giovanni Paolo II è quella della sfida tra identità religiose forti più che quella dell'Europa fortezza. Egli non invoca la legge ma il confronto sui valori, opponendo carisma a norma. Una linea che appare legata comunque più alla sua grandezza solitaria che all'insieme della Chiesa italiana, il cui futuro conflittuale nei confronti dell'Islam sembra invece ormai tracciato. (dalla_rete_globale_Il Mulino)