Madonna delle 3 fontane e del Divino Amore

14.11.2016 00:57

             (segue Madonna del Divino Amore)

Filmati  :    Madonna_3_fontane      

Santuario del Divino Amore

A sua immagine  Madonna delle Tre fontane e Divino Amore

MADONNA DELLA RIVELAZIONE 

Apparizione delle "Tre fontane" Roma 1947

Bruno Cornacchiola nasce a Roma il 9 maggio 1913. La sua famiglia, povera materialmente, è addirittura squallida nei valori spirituali. Sua madre, assillata dal lavoro fuori casa, non può dedicarsi alla loro educazione. Suo padre, quasi sempre ubriaco, lo picchia spesso, tanto che ad un certo momento decide di non rincasare più la sera e passa la notte in qualche grotta della periferia di Roma o nei locali presso la Scala Santa.
Bruno racconta di sé:

"Viaggiavo in ferrovia e non pagavo il biglietto perché mi nascondevo sotto i sedili delle carrozze quando passava il bigliettaio e se si presentava l'occasione rubavo, preoccupato soltanto di non farmi prendere dai carabinieri...".

A 23 anni si sposa con Iolanda Lo Gatto. Non vuole però ricevere il Sacramento del Matrimonio e solo per accontentare la futura moglie accondiscende a celebrarlo in sacrestia.

Durante la guerra civile in Spagna parte come volontario, attratto dal miraggio della buona remunerazione, e vi rimane tre anni. Fa amicizia con un soldato tedesco, protestante, che gli instilla l'odio per la Chiesa e il Papa. Finita la guerra di Spagna, prima di ritornare in patria entra in un'armeria a Toledo e compra un pugnale, sul cui manico scrive: "A morte il Papa".
Arrivato in patria, è preoccupato nella ricerca di un lavoro e per il problema religioso che lo sconvolge. In quei giorni stende il suo piano:

"Per salvare l'umanità dovrò uccidere i preti in qualunque luogo, cercherò in tutti i modi di distruggere la Chiesa cattolica e sarà mio dovere pugnalare il Papa".

Vuole convincere la moglie ad abbandonare la sua fede cattolica e spesso la picchia. Un giorno la moglie, esasperata, fa con lui uno strano patto:

"Bruno, tu vuoi che io entri con te a far parte della Chiesa protestante... Accetto, ma ad una condizione: ti devi confessare e ricevere la comunione nei primi nove venerdì del mese. Se alla fine di questa pia pratica vorrai ancora cambiare religione ti seguirò anch'io, se no continueremo insieme nella fede del nostro battesimo".

L'uomo acconsente e riceve per nove volte, ogni primo venerdì del mese, l'Eucaristia, ma non muta parere; così, fallita la prova, la moglie passa con lui al protestantesimo.

Ma Cristo lo attende al varco. 

L'apparizione

Il 12 aprile 1947, sabato, decide di andare con i suoi figlioli al lido di Ostia, ma giunto alla stazione ostiense, il treno era già partito. Allora si dirige verso la località "Tre Fontane", nello spiazzo antistante l'abbazia dei Trappisti. Si rivolge ai bambini:

- "Gianfranco, Carlo, Isola, voi potete giocare a palla, ma non allontanatevi troppo".

Essi partono immediatamente, sparendo e apparendo tra le piante con grida festose, mentre Bruno si siede su un muretto, ai margini del boschetto di eucalipti, per preparare uno scritto contro la Vergine Maria. Si è portato una Bibbia e dei fogli e subito getta su un foglio le prime battute: "La Madonna non è Vergine, non è Immacolata, non è Assunta in cielo...".

Frattanto i bambini lo chiamano:

- "Papà, abbiamo perduto la palla, vieni a cercarla con noi!".

Egli si alza e incontrato Carlo, il più grandicello, si dispone con lui a ispezionare il terreno. Isola si sposta e raccoglie fiori. Gianfranco siede in disparte per sfogliare un giornalino.
Cornacchiola racconta:

"Carlo ed io scendemmo nella scarpata verso via Laurentina per trovare la palla, ma non la vedemmo. Desiderando assicurarmi che il più piccolo non si fosse allontanato dal luogo assegnatogli, lo chiamavo per nome ed egli mi rispondeva.
Ad un certo momento, però, non lo sentii più e pur avendo alzato la voce, non ebbi nessuna risposta. Preoccupato risalii, mi portai verso i cespugli vicino alla grotta dove l'avevo lasciato, ma non lo vidi. Perciò gridai ancora più forte:

- "Gianfranco, dove sei?" - Invano.

Sempre più preoccupato lo cercavo affannosamente tra i cespugli e le rocce e finalmente trovai il bambino inginocchiato all'ingresso di una grotta, a sinistra di chi la guarda.
Teneva le mani giunte come se pregasse e guardava all'interno con viva attenzione, sorridendo e bisbigliando qualcosa. Mi avvicinai di più e udii distintamente tali parole:

- "Bella Signora!... Bella Signora!...".

- "Che dici, Gianfranco, - chiesi - che cosa fai?".

Credevo fosse un gioco di bambini, poiché nessuno in casa aveva insegnato a lui, non ancora battezzato, quell'atteggiamento di preghiera.

Allora chiamai:

- "Isola, vieni giù, spiegami tu qualcosa!".

Mi obbedì e...

- "Cosa c'è là dentro? - domandai - Vedi niente tu?"

- "No papà" - risponde, e nello stesso tempo anch'essa cadde in ginocchio a destra del fratellino. I fiori le uscirono dalle mani, mentre lo sguardo era fisso all'interno della grotta. Anche lei sottovoce bisbigliava:

- "Bella Signora!... Bella Signora!...".

Io, stizzito più che mai, mi chiedevo la motivazione del curioso modo di fare dei figli che, in ginocchio, guardavano incantati verso l'interno della grotta, ripetendo le stesse parole.
Pensai di chiamare Carlo che stava ancora cercando la palla e...

- "Vieni anche tu qui - pregai - e spiegami che fanno i tuoi fratelli in quella curiosa posizione... Forse l'avete preparato voi questo gioco?".

- "Ma cosa dici - egli osservò - di quale gioco parli?... Non lo conosco e non lo so fare!".

Appena pronunciate simili parole anche lui cadde in ginocchio a destra di Isola, con le mani giunte e gli occhi fissi ad un punto che lo affascinava entro la grotta, ripetendo le stesse parole:

- "Bella Signora!...".

- "È troppo! - gridai - Anche tu mi prendi in giro!".

Non ne potevo più e con i nervi a pezzi:

- "Carlo, - imposi - via di qui".

E, poiché non si muoveva, cercai di alzarlo, ma non ci riuscii. Sembrava di piombo. Allora ebbi paura. Mi avvicinai trepidante alla bambina e:

- "Isola - la invitai - alzati e non fare come Carlo!".

Quella non rispose. Tentai di smuoverla ma non ci riuscii. Invaso dal terrore, nell'osservare le pupille dilatate dei figli estatici e il pallore dei loro volti, abbracciai il più piccolo e:

- "Su alzati. - dissi - È possibile che le mie braccia siano state private di tanta energia?".

A questo punto:

- "Ma che cosa succede qui? - esclamai - Ci sono forse delle streghe nella grotta oppure qualche diavolo?...".

Poi, istintivamente:

- "Chiunque tu sia, fossi anche un prete, vieni fuori!".

Entrai nell'antro, deciso di prendere a pugni lo strano essere, ma la grotta era vuota".

Cornacchiola esce allora in preda alla disperazione e, piangendo convulsamente, alza le braccia e gli occhi al cielo e grida:

- "Dio, salvaci tu!".

"Quand'ecco - egli dice - emessa l'invocazione, vidi improvvisamente due candidissime mani che si muovevano verso di me e sentii che mi sfioravano la faccia. Ebbi la sensazione che mi si strappasse qualcosa dagli occhi. In quell'istante provai un certo dolore e rimasi nell'oscurità più profonda...

A questo punto io non vedevo più né la cavità né ciò che vi stava dentro, ma fui invaso da un'insolita gioia".

In quell'istante è rapito dalla visione di una giovanile figura di donna, avvolta nello splendore di una luce d'oro, ferma e dolcemente statica. Bruno la fissa con trasporto, vinto dal fascino di tanta bellezza, attratto da quella luce che, pur intensissima, non offende la vista ma lo inonda di soavità sovrumana.
La donna veste una tunica bianca e luminosa, stretta ai fianchi da una fascia rosa. Ha capelli neri, un tantino sporgenti dal velo verde-prato che la copre dalle spalle ai piedi.
Da sotto la vesta escono i piedi nudi e verginali, fermi sopra un masso di tufo anch'esso circondato di luce.
Nella mano destra regge, appoggiandolo al petto, un libro di colore grigio, su cui tiene pure l'altra mano.
Soprattutto è affascinato dal volto di quella creatura, un volto in cui si fondono il candore innocente della puerizia, la vaghezza e la grazia della verginità, la gravità maestosa della sublime maternità.
Continua il veggente:

"Vidi che la bella Signora lentamente muoveva la mano sinistra ed indicava qualcosa ai suoi piedi. Guardai e vidi a terra un drappo nero sostenente una croce spezzata".

Cornacchiola pensa che quel drappo nero, simile a una veste stracciata, e la croce spezzata, volessero alludere all'abito talare, con ogni altro segno di distinzione, da molti religiosi e sacerdoti ormai messo da parte.

"Il mio primo impulso fu quello di lanciare un grido, ma la voce mi moriva in gola".

L'Apparizione, quasi offrendo il libro che teneva in mano, con tono ineffabilmente dolce disse:

- "Sono Colei che sono nella Trinità Divina".

- "Sono la VERGINE DELLA RIVELAZIONE".

- "Tu mi perseguiti, ora basta! Entra nell'ovile santo, corte celeste in terra. Il giuramento di Dio è e rimane immutabile: i nove venerdì del Sacro Cuore, che tu facesti, amorevolmente spinto dalla tua fedele sposa prima di iniziare la via dell'errore, ti hanno salvato!".

Intanto un profumo misterioso e indefinibile inonda l'ambiente e sembra coprire la sporcizia del suolo, triste strascico di squallidi incontri.

Dopo essersi così presentata, la celestiale Signora tiene una prolungata allocuzione al figlio che sta per ritornare a Dio, parte della quale è rivolta a lui stesso e a tutti i fedeli, l'altra invece contiene un messaggio segreto per il Santo Padre. Poi continua:

- "Desidero darti una sicura prova della divina realtà che stai vivendo, perché tu possa escludere ogni altra motivazione del tuo incontro, compresa quella del nemico infernale. E questo è il segno: Quando incontrerai un sacerdote nella chiesa o per via, avvicinalo e rivolgigli questa espressione: "Padre, le devo parlare!". Se costui ti risponderà: "Ave Maria, figliolo, cosa vuoi?" pregalo di fermarsi perché è quello da me scelto. A lui manifesterai ciò che il cuore ti dirà e obbediscilo, ti indicherà infatti un altro sacerdote con queste parole: "Quello fa per il tuo caso".

- "Ti recherai poi dal Santo Padre, il supremo pastore della cristianità e gli consegnerai personalmente il mio messaggio. Ti condurrà dal Papa qualcuno che io ti indicherò".

- "Alcuni a cui tu narrerai questa visione non ti crederanno, ma non lasciarti deprimere...".

Poi, con atteggiamento di materna benignità e serena mestizia, l'incantevole Signora gira su se stessa e si allontana.

***

Nel messaggio, la Madonna chiede con insistenza a tutti la preghiera ed invita alla recita del Rosario:

- "Si preghi assai e si reciti il Rosario quotidiano per la conversione dei peccatori, degli increduli e per l'unità dei cristiani. Le Ave Maria che voi dite con fede e amore, sono tante frecce d'oro che raggiungono il Cuore di Gesù".

Ed ecco, quasi a premio di coloro che ascolteranno il suo materno messaggio, la Vergine promette celesti favori:

- "Con questa terra di peccato opererò potenti miracoli per la conversione degli increduli".

Nella sua bontà Ella vuole anche svelare il Figlio nei misteri della sua vita intima, legata alla Augusta Trinità:

"Il mio corpo non poteva marcire e non marcì. Mio Figlio e gli angeli mi vennero a prendere al momento del mio trapasso".

***

Il 9 dicembre 1949 il Santo Padre Pio XII invitò i tranvieri di Roma, accompagnati da padre Rotondi, a recitare con lui il Rosario nella sua cappella privata. Lasciamone la descrizione a Cornacchiola:

"Tra i lavoratori c'ero anch'io; portavo con me il pugnale e la Bibbia sulla quale stava scritto: "Questa è la morte della Chiesa Cattolica, col Papa in testa". Volevo consegnare al Santo Padre il pugnale e la Bibbia.
Finito il Rosario il Papa disse:

- "Qualcuno di voi mi vuol parlare?".

Io mi inginocchiai e dissi:

- "Santità, sono io!".

Gli altri lavoratori fecero largo per il passaggio del Papa; egli si chinò verso di me, mi pose la mano sulla spalla, avvicinò il suo volto al mio e chiese:

- "Cosa c'è, figlio mio?".

- "Santità, qui c'è la Bibbia protestante che interpretavo erroneamente e con la quale ho ucciso molte anime".

Piangendo consegnai anche il pugnale sul quale stava scritto "Morte al Papa" e sussurrai:

- "Chiedo perdono di aver osato solo pensare a tanto. Avevo progettato di ucciderla con questo pugnale!".

Il Santo Padre prese quegli oggetti, mi guardò, sorrise e osservò:

- "Caro figlio, con ciò non avresti fatto altro che dare un nuovo martire alla Chiesa, ma a Cristo una vittoria dell'amore"...

Tratto da:
"La Vergine della Rivelazione"
Mons. Fausto Rossi
Ediz. Roma

La Madonna apparve

alla grotta delle Tre Fontane

una mattina di aprile del 1937

alla serva di Dio Luigina Sinapi

preannunciandole che sarebbe riapparsa

nello stesso luogo

dieci anni dopo

IL SANTUARIO DEL DIVINO AMORE

 L’origine del luogo

È la prima volta che il Santuario del Divino Amore, che sorge sull’Ardeatina, a 12 Km dal Domine quo vadis?, viene proposto come meta di pellegrinaggio giubilare.
È una storia semplice quella che è alla sua origine, all’origine della devozione alla Madonna del Divino Amore. Siamo nel 1740. Il protagonista è un pellegrino, di cui non conosciamo il nome, che vuole arrivare a Roma, in San Pietro, ma non è molto pratico dei sentieri. Si smarrisce, chiede indicazioni ad alcuni contadini, ma un branco di cani affamati lo aggredisce. Mentre si guarda intorno atterrito vede un’immagine della Madonna dipinta sulla torre di Castel di Leva e la invoca. Maria subito interviene e i cani inferociti vengono messi in fuga e il pellegrino può giungere sano e riconoscente alla tomba di san Pietro.
Il ricordo di quel fatto prodigioso fa accorrere pellegrini sempre più numerosi. Vengono anche da lontano, ma soprattutto da Roma. Si affezionano all’immagine posta sulla torre del primo miracolo.
Presto sorgeranno il Santuario, la casa dei sacerdoti custodi e le strutture, minime ma dignitose, per l’accoglienza dei poveri e degli orfani e per le merende per rifocillare le vivaci folle romanesche.

La Madonna del Divino Amore e la seconda guerra mondiale

Negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, un bombardamento si abbatté sulla zona. Fu deciso di trasferire l’affresco della Vergine in Roma perché potesse essere più facilmente protetto. L’immagine fu esposta nella chiesa di Sant’Ignazio. Dinanzi ad essa, il 4 giugno 1944, i fedeli romani insieme a papa Pio XII pregarono Maria perché, per la sua intercessione, Roma potesse uscire salva dalla guerra.
Nella notte stessa i tedeschi evacuarono la città, ritirandosi. Lungo la via Cassia, uccisero senza pietà gli ultimi prigionieri delle carceri di via Tasso, ma la città non dovette subire l’assedio degli Alleati e le sue conseguenze.
L’11 giugno lo stesso papa Pio XII celebrò, in Sant’Ignazio, l’eucarestia per ringraziare il Signore e la Vergine. Così disse nell’omelia:

Noi oggi siamo qui non solo per chiederLe i suoi celesti favori, ma innanzitutto per ringraziarLa di ciò che è accaduto, contro le umane previsioni, nel supremo interesse della Città eterna e dei suoi abitanti. La nostra Madre Immacolata ancora una volta ha salvato Roma da gravissimi imminenti pericoli; Ella ha ispirato, a chi ne aveva in mano la sorte, particolari sensi di riverenza e di moderazione; onde, nel mutare degli eventi, e pur in mezzo all’immane conflitto, siamo stati testimoni di una incolumità, che ci deve riempire l’animo di tenera gratitudine verso Dio e la sua purissima Madre.

Il ritorno dell’immagine al Santuario fu accompagnato dalla presenza di tanti fedeli, che esprimevano tutta la gratitudine. Si accrebbe, da allora, ancor più il pellegrinaggio alla Madonna del Divino Amore.

 Motivi di un pellegrinaggio giubilare

Giovanni Paolo II in pellegrinaggio al Santuario ha detto:

Anch’io sono venuto in pellegrinaggio in questo luogo benedetto ai piedi dell’immagine miracolosa raffigurata seduta in trono con in braccio Gesù Bambino e con la colomba discendente su di lei quale simbolo dello Spirito Santo che è appunto il divino amore.

Il titolo di Madonna del Divino Amore proclama il rapporto fra Maria e lo Spirito Santo, che è il Divino Amore. Da studi recenti sembra che il titolo possa risalire alle Compagnie del Divino Amore, che fiorirono in Roma agli inizi del ‘500. Una Compagnia del Divino Amore esisteva certamente per venire in soccorso dei poveri che abitavano fuori le mura della città. Sarebbero stati i membri di una tale Compagnia a raccogliere i contadini, servi dei loro padroni, a pregare dinanzi all’immagine di Maria e ad insegnare loro a chiamarla Madonna del Divino Amore.
L’immagine, come ci appare ora dopo i recenti restauri, è una icona laziale medioevale bizantineggiante, originariamente ad affresco su parete, poi staccata e trasferita su tavola di legno. Anche a distanza è evidente che la colomba dello Spirito Santo che discende su Maria è una aggiunta successiva, forse della metà del settecento, quando fu dedicato il primo santuario. Un altro simbolo iconografico ci ricorda però, fin dall’inizio, la presenza dello Spirito Santo. Su una spalle della Vergine è visibile una delle tre stelle con cui la tradizione orientale rappresenta Maria. Le tre stelle rappresentano la verginità prima, durante e dopo il parto di Maria. Nella comprensione che la Chiesa ha del mistero di Maria, la sua verginità non ha primariamente un rilievo morale, quanto teologico. Esprime la verità del concepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo.
Maria è la "piena di grazia" perché è stata concepita senza peccato per libera scelta di Dio, prima ancora del suo assenso, in previsione della grazia di Cristo; perché ha vissuto senza peccare, in continuo ascolto e obbedienza allo Spirito Santo; perché Dio ha portato a compimento in Lei la Sua opera con l’assunzione; ma soprattutto perché in Lei, per opera dello Spirito Santo, la pienezza della divinità, la pienezza della grazia, il Figlio di Dio ha assunto la carne umana, come ha scritto nella Tertio Millennio AdvenienteGiovanni Paolo II:

Maria, che concepì il Verbo incarnato per opera dello Spirito Santo e che poi in tutta la propria esistenza si lasciò guidare dalla Sua azione interiore, sarà contemplata e imitata come la donna docile alla voce dello Spirito, donna del silenzio e dell’ascolto, donna di speranza, che seppe accogliere come Abramo la volontà di Dio "sperando contro ogni speranza" (Rom 4,18). Ella ha portato a piena espressione l’anelito dei poveri di Jahvé, risplendendo come modello per quanti si affidano di tutto cuore alle promesse di Dio.

Quando è cresciuta la venerazione della Madonna del Divino Amore – dopo il primo miracolo del 1740 – probabilmente per opera del cardinal Guadagni, allora vicario di Roma, è stata aggiunta la raffigurazione dello Spirito Santo, in forma di colomba, che discende su Maria e sul Bambino Gesù. Fu lui a legare, da allora, la festa del santuario al giorno di Pentecoste , alla solennità che celebra il compimento della Pasqua.
Venire in pellegrinaggio al Divino Amore vuol dire sì chiedere le grazie, per le quali Maria intercede, ma vuol dire soprattutto chiedere, per sua intercessione, "la grazia", la presenza del Divino Amore nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. È Lui che penetrando nei cuori ci unisce al Figlio. Come ha scritto Paolo VI, nella solenne professione di fede a chiusura dell’anno della fede del 1968:

Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita; che è adorato e glorificato col Padre e col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei profeti, ci è stato inviato da Cristo dopo la sua risurrezione e la Sua ascensione al Padre; egli illumina, vivifica, protegge e guida la Chiesa, ne purifica i membri, purché non si sottraggano alla Sua grazia. La Sua azione che penetra nell’intimo dell’anima, rende l’uomo capace di rispondere all’invito di Gesù: "Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5, 48)…

Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo, e che, a motivo di questa singolare elezione, Ella, in considerazione dei meriti di Suo Figlio, è stata redenta in modo più eminente, preservata da ogni macchia di peccato originale e colmata del dono della grazia più che tutte le altre creature. Associata ai misteri dell’Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile, la Vergine santissima, l’Immacolata, al termine della Sua vita terrena è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti; e noi crediamo che la Madre santissima di Dio, nuova Eva, Madre della Chiesa, continua in cielo il suo ufficio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti.

Maria ha creduto nella sua vita terrena che non c’è amore più grande di quello della Trinità ed ora, in cielo, bussa continuamente alla porta di quest’amore per intercedere per noi viandanti e pellegrini in questo mondo.

Visitando il santuario

La Madonna del miracolo era stata dipinta da ignoto, nel secolo XIV, su una torre del Castel di Leva (nome che deriva probabilmente dall’antico nome Castrum Leonis), fortezza degli Orsini e poi dei Savelli, edificata nel XII secolo.
Distrutto il castello nel secolo XV, era rimasta in piedi la sola torre dove era dipinta la Madonna. A quell’immagine il pellegrino rivolse la sua preghiera.
In breve tempo fu edificato, nel 1744, sui ruderi del castello, il santuario che ancora oggi possiamo ammirare, per custodire l’immagine della Madonna. La modesta architettura della chiesa è dovuta, sembra, a F. Raguzzini.
L’affresco della Madonna fu rimosso dalla torre, torre che è ancora oggi in piedi all’esterno della chiesa, e solennemente intronizzato nell’altare maggiore, dove attualmente si trova. Dopo periodi di grande devozione, la venerazione del santuario conobbe nei primi decenni del nostro secolo una progressiva decadenza fino ad essere quasi abbandonato, quando nel 1931 un giovane sacerdote, Umberto Terenzi, dopo essere sopravvissuto ad un pauroso incidente stradale proprio in quel luogo, consigliato dal beato Luigi Orione, ne divenne il rettore e lo fece rifiorire, già prima della seconda guerra mondiale. Don Terenzi era sacerdote romano e fu il promotore della devozione alla Madonna del Divino Amore fino al 1974, anno della sua morte. Per lui è ora in corso il processo di canonizzazione.

La nuova chiesa

Pio XII pensò di costruire un santuario più vasto di quello antico, durante il rettorato di don Terenzi, per sciogliere il voto fatto in occasione della preghiera alla Vergine perché Roma fosse risparmiata dai bombardamenti, di cui abbiamo già parlato. Papa Pacelli aveva anche incaricato del progetto uno dei maggiori architetti di quegli anni e ne aveva pure benedetta la prima pietra. Ma il progetto non fu poi realizzato.
I nuovi architetti hanno deciso, con sapienza, che la nuova chiesa, più grande della precedente per accogliere i tanti pellegrini, non dovesse turbare il poggio e le mura che accolgono ancora il santuario settecentesco. Esso è rimasto, così com’era, a disegnare con la sua sagoma il paesaggio, custodendo l’immagine della Vergine e del Bambino.
Fuori delle mura, vicino alla torre del primo miracolo, il prato ad un tratto finisce e diventa scarpata. Gli architetti hanno pensato di continuarlo creando una grande zolla che si rialza. Sopra vediamo un bel prato verde pieno di fiori di campo e sotto una grotta azzurra, cioè il nuovo santuario.
Il papa ha parlato di Maria, colei che è beata perché ha creduto, come tappa di sosta e di riposo sulla strada che porta a Cristo. Per questo, al Divino Amore, si è pensato di creare un’oasi dell’anima, accessibile a tutte le persone che vi accorreranno per adorare Cristo e venerare Maria Sua madre, in letizia e in amicizia.
Al Divino Amore si verrà ancora, come accade da sempre, non solo per pregare la Madonna, ma anche per stare con gli amici, per vivere l’allegria cordiale di una scampagnata. Non è anche per questo che, da secoli, il Divino Amore è diventato il santuario per eccellenza dei Romani? Pure la cornice festosa che circonda il pellegrinaggio e l’incontro propriamente religioso e liturgico, dice che è buono, che è sacro, che è di Dio, tutto l’umano dell’uomo e che tutto va vissuto e celebrato in festa.
Pregando, conversando e facendo merenda con gli amici, ricorderemo ciò che affermava don Terenzi: "Il Divino Amore è uno spazio di bellezza e anche uno spazio ideale per ogni festa della vita". (Dal web  gli scritti.it)