Definizione e tutela degli interessi nazionali italiani

03.06.2017 18:49

I mass media, in base agli interessi del proprio editore, scrivono e pontificano su questi interessi nazionali del popolo italiano a breve e lungo termine. Prendo lo spunto da un messaggio ricevuto da un amico e dalla festa della Repubblica Italiana del 2 giugno 2017 per pubblicare questo articolo sugli interessi nazionali italiani. Ho navigato e cercato nella rete ed ho trovato una tesina di Marco Maldera dal titolo "Italia- Interessi nazionali italiani"

Un mio caro amico ex gen. C.A. TRIA scrive : <<.......La poca, anzi nessuna stima che ho dei  populisti nostrani deriva dal fatto che vogliono far credere che i problemi e le criticità  che affliggono da decenni l'Italia  si possano risolvere facilmente facendo tabula rasa dei politici attuali adottando  drastiche politiche innovative da affidare a governanti che siano soprattutto "illibati e onesti" e non guasta, ma non è indispensabile, se pure competenti e sperimentati nei diversi  campi di attività di governo di una società disordinata e contestataria come la nostra!

Essi pretendono di essere gli esclusivi interpreti e difensori dei nostri interessi strategici nazionali e internazionali (ma questa pretesa è avanzata da tutte le parti politiche) che  in verità dovrebbero rappresentare il punto di partenza ineludibile da cui sviluppare e dare corpo ad una politica credibile di qualsivoglia governo. Ma da quanto si vede in giro, nessun politico oggi in Italia è in grado di esprimere una visione compiuta e sufficientemente condivisa  di quali siano questi interessi.

Il noto direttore della rivista di geopolitica Limes Caracciolo nell'ultimo numero ci spiega con argomenti stringenti che per definire correttamente i nostri interessi nazionali occorre anzitutto "...saper valutare il patrimonio strategico materiale e immateriale [dell'Italia] in rapporto a come viene percepito dagli attori più potenti" [Usa, Germania, UE, Russia, Cina] e conseguentemente "aderire a quelli tra gli altrui [interessi] che ci paiono  prevalenti".

Una formula a mio avviso tanto chiara quanto difficile se non impossibile da tradurre in una visione complessiva ampiamente condivisa.

Un esempio delle insuperabili divergenze in merito - seppure limitato al punto di vista della politica di sicurezza - è offerto nella stessa rivista da due articoli degli ex gen. Jean e Mini. Il primo sostiene che interesse dell'Italia è " ...tenersi ben stretti agli Usa......ancoraggio che costituisce un essenziale fattore di potenza del nostro Paese"... ll secondo si scaglia contro i politici, giornalisti, diplomatici, pseudo esperti, intellettuali militari ed ex militari di ieri e di oggi, tutti definiti spregiativamente "amerikani nostrani", ritiene che "interesse dell'Italia" sia di staccarsi  dalla ingombrante protezione degli Usa e della Nato, per non provocare ulteriormente la Russia, senza però farci capire alla fine chi debba essere il nostro partner strategico per i prossimi decenni.

In questo quadro, atteso che le soluzioni da trovare agli  aggrovigliati "problemi  di politica interna" riguardanti l'economia, il commercio, i trasporti, le riforme, l'equilibrio dei conti dello Stato, la demografia e l'emigrazione, la sicurezza, la finanza, il sistema bancario, il debito pubblico, i servizi di intelligence, la rete informatica, la burocrazia statale, ecc. ecc. sono ampiamente condizionate dalle relazioni internazionali, la domanda fondamentale a cui dovrebbero saper rispondere i nostri politici (e ogni adulto pensante) è la seguente : " agli interessi di quale leader in Europa e di quale partner internazionale nel mondo dovrebbe aderire l'Italia per difendere i propri interessi nazionali?"

La risposta è altamente problematica e tuttavia soltanto dal suo tenore si può capire la statura di un politico : se le sue proposte di soluzione riguardano la tattica e mancano di una proiezione strategica (come dire che affrontano i problemi di politica interna senza il sostegno di una valida e coerente politica estera che tenga conto della realtà dei rapporti di forza nel mondo) significa che quel politico, usando parole truccate e falsi scopi, mira solo ad acchiappare il consenso degli elettori (sottopancisti) e non potrà mai avere una sufficiente credibilità nell'agone internazionale per poter difendere al meglio gli interessi del proprio Paese (non dico a chi sto pensando ma dilettanti allo sbaraglio  e pressappochisti in politica estera li vediamo ogni giorno alla TV!!).>> 

Estrapolazione di alcuni brani 

dalla tesina di Marco Maldera

É in questo clima caotico, sfuggito al precedente ordine, che si ritrova un paese come l'Italia, che vuole inseguire quei suoi interessi senza però poterli chiamare con il loro vero nome, a causa della retorica che il termine "interesse nazionale" ha avuto sotto il Fascismo. Sono quindi molte le sfide che hanno atteso il Paese, da quella di dover badare alla propria sicurezza in maniera autonoma dopo aver giocato il ruolo di security free rider per tutto il periodo della Guerra Fredda, a quella di dover far maturare una classe politica in grado di pensare con la propria testa anziché subire forti vincoli provenienti dall'esterno. L'influenza statunitense è presente ancora oggi e gli Stati Uniti rappresentano un importantissimo punto di riferimento per il Paese, ma con la rinnovata autonomia d'azione l'Italia ha avuto la possibilità di esprimere tutte le sue potenzialità, a lungo rimaste celate. A causa dell'impreparazione per questo nuovo evento, per una poca consapevolezza nelle proprie capacità accompagnate da un forte e probabilmente eccessivo senso critico che fatica a trovare i pregi ma non esita nell'individuazione dei vari difetti, il Paese tutto ha la responsabilità di dover guardare alla realtà in maniera più razionale. Se l'Italia non vuole giocare sullo scacchiere internazionale come una pedina di secondo ordine, le élite politiche devono guadagnare nuova credibilità sia agli occhi della propria popolazione che agli occhi del mondo, poiché solamente se il Paese sarà considerato quale partner affidabile ed attendibile potrà dialogare alla pari con gli altri protagonisti del panorama globale. Il contesto caotico che coinvolge tutti i continenti e che li lega in modo indissolubile tra loro rende essenziale questo salto di qualità soprattutto perché molte delle criticità avvengono in un'area geograficamente molto vicina ai confini nazionali, fino a riguardarli direttamente. Oltre a dover esercitare un ruolo di primo piano nella propria regione, deve anche dotarsi delle strutture e degli strumenti che le permettano di estendere il proprio raggio d'azione.

Secondo Carl Schmitt la politica è espressione dei rapporti di forza e l'essenza della politica internazionale è riconoscibile nella lotta per il potere per cui "gli Stati non combattono per valori, ma per interessi: combattono per valori soltanto quando essi sono funzionali ai loro interessi". Molti autori, pur non condividendo la posizione di Schmitt, ammettono l'impossibilità di trattare l'uno separatamente dall'altro.

L'interesse nazionale non è quindi un dato oggettivo, inteso come "naturale", ma è un concetto politico, poiché legato alla sovranità ed alle decisioni. É mutevole e rappresenta «più un' "arte" che una scienza», poiché la politica non è un sistema di algoritmi ma un sistema di decisioni, per cui i problemi politici non hanno una ed una sola soluzione . É stata la Rivoluzione francese ad affermare il concetto di interesse "nazionale", inteso come interesse "generale" prevalente su quelli particolari delle classi. L'interesse generale nazionale varia da Stato a Stato poiché è influenzato -non determinato- dalla sua storia, cultura, geografia, ordinamento politico, sociale ed economico.

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Una volta esaminato tale ambiente, «occorre definire la nostra posizione, i nostri interessi, i nostri obiettivi, derivandoli dalla realtà politica. Questa è la logica dell'interesse nazionale». Nel Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa, presentato dal Governo italiano nell'aprile 2015, si legge infatti come si renda necessaria "l'adozione di un rigoroso realismo nella definizione delle priorità e nella scelta degli strumenti d'intervento. Ogni differente scelta che facesse deflettere verso un approccio "non realista" ai problemi della sicurezza internazionale si tramuterebbe in un forte dispendio di risorse e in una tutela degli interessi nazionali molto meno che ottimale". Se questo è vero per tutti i Paesi, lo è ancora di più per l'Italia poiché "anche se può succedere di tutto, l'Italia non può fare tutto: il nostro spazio d'azione, per essere efficace, deve essere limitato", poiché l'aumento e la dispersione degli obiettivi e dei tavoli su cui si interviene indeboliscono il nostro potere negoziale. É necessario fare un esercizio di distinzioni e gerarchie, procedendo a definire cosa è strategico per noi, "poiché se tutto è strategico, nulla è strategico".

Occorre fare delle scelte non solo in base a cosa si vorrebbe fare, ma soprattutto in base alla propria potenza e capacità, ossia al livello di risorse e sforzi che si è disposti ad impiegare per raggiungere un certo obiettivo: "un interesse è tale solo se si è in condizioni di conseguirlo, in caso contrario non si tratta di interesse, ma di semplice aspirazione".

… la descrizione che ne danno Carlo Jean e Paolo Savona è quella che sembra essere la più corretta, per cui l'intelligence economica "è la disciplina che, studiando il ciclo dell'informazione necessario alle imprese e agli Stati per effettuare scelte corrette di sviluppo, si prefigge di affinare le abilità cognitive e decisionali applicate alle complessità del contesto competitivo globale".

Data la fittissima rete del tessuto imprenditoriale radicata a livello nazionale, si tratta di una ricchezza che parte dal basso, che secondo il Professor Laris Gaiser può essere sfruttata proprio facendo partire la piramide dell'intelligence economica dalla base territoriale, aprendo tali sportelli presso tutte le Camere di Commercio in Italia ed all'estero, visto anche il consistente bagaglio di conoscenze ed informazioni che queste ultime maturano in sede internazionale.

Altro fattore rilevante sarà quello di avere del personale qualificato ad interloquire con il settore imprenditoriale in modo da garantire un costante flusso di informazioni. In un sistema del genere il ruolo chiave è svolto proprio dalla comunicazione tra tutti gli attori, a partire dalle fondamenta, quindi dallo scambio d'informazioni tra le aziende e l'apposito ufficio di intelligence economica all'interno delle Camere di Commercio che deve essere continuo, sia nel senso del "dare", che nel senso del "ricevere".

Tra gli elementi che possono influenzare, definire e coordinare la politica estera di un paese, non vi sono solamente i fattori economici, geopolitici e militari, ma anche la cultura può essere un fattore determinante di politica estera. L'impiego di risorse in questo campo rappresenta un vero e proprio investimento, valido soprattutto per l'Italia, con il suo enorme bagaglio storico-culturale, poiché porta benefici tanto in termini di immagine quanto di ritorno economico.

La cultura è un elemento di soft power73 e l'Italia ha una grandissima opportunità, soprattutto in sede internazionale, di sfruttare tale potenzialità anche grazie all'intesa firmata nel febbraio 2016 da Governo italiano ed Unesco per la costituzione di una task force tutta italiana per la tutela del patrimonio culturale mondiale, i cosiddetti Caschi Blu della Cultura, …

Proprio a livello internazionale l'Italia avrà modo di dimostrare di essere un attore di rilievo, dato che a gennaio 2017 assumerà la presidenza del G7, ma per fare ciò i suoi leader dovranno dimostrare di essere all'altezza di questo nome: oltre all'importanza dettata dal carisma dei leader politici, conta anche la stabilità del governo poiché quando questo viene percepito come meno stabile appare più difficile raggiungere risultati di rilievo. Inoltre, per risultare veramente efficace, se l'Italia vuole ottenere risultati più incisivi e di ampio respiro dovrebbe cercare di basare la propria agenda nel 2017 almeno parzialmente sui temi già scelti dall'attuale presidenza, quella giapponese, poiché si tratta di temi complessi che richiedono un'azione di governo continua negli anni. Per questo motivo sarebbe fondamentale individuare temi che siano idealmente di interesse per tutti i paesi membri e non tentare invece di forzare la mano su temi considerati prioritari dal governo italiano ma che gli altri paesi non sono pronti a fare propri. I prossimi anni offriranno all'Italia altre due grandi opportunità sullo scenario globale, poiché nel 2017 avrà un seggio quale membro non permanente all'interno del Consiglio di Sicurezza alle Nazioni Unite e nel 2018 assumerà la presidenza dell'OSCE.

Queste instabilità regionali influiscono pesantemente su tutta una serie di fattori, ma rivelano ancora di più la debolezza italiana rappresentata dal settore energetico e la partita in questo campo viene riaperta proprio dalla dimensione dell'insicurezza nelle relazioni internazionali. Bisogna constatare come «la necessità di garantirsi i rifornimenti energetici influisce sulla politica degli Stati, specie per quelli come l'Italia che hanno rinunciato con estrema leggerezza all'energia nucleare e, privi di materie prime, sono costretti a importare dall'estero la massa del loro fabbisogno energetico». Anziché essere produttori di energia elettrica sfruttando l'energia atomica, abbiamo deciso di acquistare quella francese, prodotta nel medesimo modo.

Se il mondo bipolare aveva il grande vantaggio di essere in bianco e nero ed il quadro delle alleanze era chiaro e "dato una volta per tutte", il generale Cucchi ci ricorda come "la distinzione manichea tra amici e nemici è finita con la Guerra Fredda: oggi le alleanze sono fluide e non è detto che "i buoni" di una volta siano sempre dalla nostra parte. ... Il mondo è diventato uno scacchiere in cui le alleanze e gli allineamenti tra i vari protagonisti sono determinati in ogni momento dalla visione che ciascun paese ha del proprio interesse nazionale" e tra i vari esempi ricorda quello che ci riguarda da molto vicino in cui "la Francia, incurante del danno che ciò può provocare all'Italia, fa partire l'azione contro Gheddafi in Libia allorché pensa che il crescente prestigio acquisito dal Colonnello nel Continente Nero possa porre in discussione la sua sfera di influenza nell'Africa francofona. E maramaldeggia in tempi successivi, sospendendo l'accordo di Shenghen e respingendo alle frontiere proprio quel flusso di profughi che essa stessa ha contribuito a creare".

Nel suo libro La vittoria dell'Italia nella terza guerra mondiale l'ambasciatore Incisa di Camerana afferma come il Paese nel suo futuro potrebbe giocare un ruolo da attore comprimario ma questo "è possibile se l'Italia sostituisce al complesso di paese perdente la presa di coscienza di una grande vittoria: il ritorno, grazie alla fine della guerra fredda, a una posizione centrale. Si riaprono quelle vie di espansione che hanno generato nel Rinascimento la sua grandezza economica e culturale, ma siamo di nuovo vicini alla svolta fatale della fine del Quattrocento, quando gli Stati italiani non seppero adeguare alla potenza mercantile e finanziaria la potenza politica e militare, ossia la politica estera".

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Conclusioni. In poche decadi a cavallo tra il XX ed il XXI secolo, il sistema delle relazioni internazionali ha subito dei drastici mutamenti, passando da un sistema bipolare governato da ordine e chiare alleanze ad un sistema caotico nel quale le due superpotenze hanno perso il loro ruolo, pur non perdendo la loro importanza. Gli Stati sono legati l'uno all'altro da legami più o meno forti e questa interdipendenza ha provocato una "globalizzazione dei problemi", per cui nessuna regione del mondo è tanto distante da poter essere ignorata, specialmente perché gli interessi economici hanno un raggio d'azione molto più esteso rispetto al "perimetro di sicurezza" che uno Stato può delimitare intorno a sé. Nel nuovo contesto caotico si sono affacciati numerosi attori sia statali che non statali, ma l'attore geopolitico per eccellenza rimane proprio lo Stato, che con la fine della Guerra Fredda ha ricominciato a svolgere alcune attività che in precedenza venivano fortemente limitate dal volere delle superpotenze: in un contesto del tutto nuovo questi attori ricominciano a perseguire in autonomia il loro interessi nazionali. L'Italia in particolare dimostra di essere una potenza regionale capace di andare oltre quest'area, estendendo i propri interessi a livello internazionale. I cambiamenti tecnologici hanno diminuito l'importanza dei fattori fisici, quale l'estensione territoriale, ma hanno contribuito ad aumentare quella dei fattori immateriali, quali la produttività ed il possesso di know-how, che oggi, per un paese altamente industrializzato come l'Italia, sono sempre più necessari a perseguire i propri interessi. Ma non basta avere degli interessi, bisogna saperli difendere, perché questi possono andare persi se non si hanno gli strumenti necessari per saperli tutelare. Tutela che non implica solamente protezione, ma comprende anche la promozione perché solo in questo modo, sviluppando gli interessi, se ne possono creare di nuovi ed in un mondo in continua e rapida evoluzione è necessario essere in possesso degli strumenti adatti, soprattutto in campo economico, dato che è diventato questo il nuovo terreno di competizione tra i sistemi-paese. Nonostante ciò, l'Italia sta ancora lavorando sui propri interessi in politica estera ed il primo passo per avere successo è avere ben chiaro quali siano gli interessi nazionali in gioco. Dietro le molteplici opportunità che si presentano sullo scenario globale si nascondono numerose insidie: bisogna quindi avere gli strumenti adatti per saper analizzare le diverse situazioni, ricordando come "gli alleati non sono necessariamente anche amici". Nonostante il sistema internazionale non sia governato da un gioco a somma zero ma da una interdipendenza complessa, gli Stati non esitano a difendere i propri interessi dai loro avversari, o presunti tali. Se non si definisce ciò che si vuole non si può agire ma solo reagire, cercare mediazioni e tentare di stare al passo con le scelte altrui, subendole. Dobbiamo essere tra coloro che saranno i promotori del nostro stesso futuro, non tra quelli che lo subiranno. É quindi necessario acquisire consapevolezza circa l'urgenza di darci una cultura politica e di imparare a pensare in termini di Stato, ragionare apertamente di alta politica ed instaurare un dibattito sull'interesse nazionale. Questo infatti, non è solo economia né solo politica estera, poiché una politica estera richiede prima di tutto una politica ed un interesse nazionale prima di tutto una nazione. Collegato a tale contesto vi è poi quello riguardante l'identità, per cui se l'Italia non riesce ad individuare un'identità nazionale non sarà altro che un territorio, o uno spazio economico. Per questo motivo, uno dei principali interessi nazionali italiani, se non il prioritario in assoluto, è quello di reintrodurre il dibattito su tali interessi nella cultura politica del Paese per cui è necessario ricostruire nell'élite politica, così come nella popolazione, responsabilità e spirito civico.