Come divulgare il messaggio cristiano oggi

15.07.2016 16:19

Don Moretto, qual è il percorso della Chiesa Cattolica dalla comunicazione diretta del Cristo fino alla comunicazione elettronica dei cd rom e di Internet?

Gesù è stato un grande maestro della comunicazione. Era un maestro perché sapeva fare comunicazione e sapeva anche teorizzarla, spiegare come si comunica e spiegare ai suoi discepoli che si comunica alle masse attraverso le parabole. Gesù spiega che alle masse si può parlare soltanto con dei racconti, con delle immagini perché soltanto questi entrano nell'immaginario collettivo. La Chiesa nei suoi momenti più alti ha sempre cercato di fare questo, anche chiedendo ai più grandi artisti della storia di inventare delle parabole, delle immagini, di dipingere secondo le varie tecniche dei diversi momenti storici in modo da poter parlare alle masse. Non tutti i tempi della storia della Chiesa sono stati così felici e non sempre la Chiesa è riuscita a sposare i maggiori strumenti di comunicazione di massa e a mettere il suo messaggio dentro a questi strumenti. Oggi, in questo secolo, la Chiesa ha ripreso in mano questo problema e sta cercando, sempre di più, soprattutto verso la fine di questo millennio, di riproporre delle parabole mediatiche. In questo senso anche Internet, anche i cd rom non sono soltanto degli strumenti per veicolare informazioni ma anche per offrire suggestioni, per offrire storie, per offrire provocazioni, poiché sappiamo, come dice Gesù, che lì passa la vera comunicazione.

Cosa cambia adesso nella comunicazione?

Adesso cambia che la Chiesa, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, capisce che i mass media non sono più collaterali all'annuncio del messaggio cristiano ma sono centrali. Giovanni Paolo II dice che il mondo dei mass media è il principale aeropago, la principale piazza.


Alcuni teorici della comunicazione sostengono, come McLuhan per esempio, che il mezzo è il messaggio. Quindi, oltre alla maniera di comunicare, cambia anche il contenuto della comunicazione attraverso i mezzi elettronici?

Certo, il contenuto della comunicazione cambia in funzione dei media. Credo che in questo senso McLuhan abbia fatto lezione anche al Concilio Vaticano II che è stato influenzato dalla lezione di McLuhan nel momento in cui ha dedicato il suo primo documento ai mezzi di comunicazione di massa. La Chiesa sta riflettendo, soprattutto in questi ultimi decenni, sul rapporto tra il messaggio e lo strumento che si usa, e certamente anche questi cambi veloci di strumenti che avvengono ci testimoniano come cambino anche i contenuti che si possono veicolare. Certamente la radio può veicolare alcune cose ma la televisione veicola il messaggio in modo diverso e Internet lo veicola in modo ancora diverso. Dovremmo cercare sempre più di capire qual è la natura del mezzo, direbbe la morale tradizionale, in modo da usare il mezzo, non contro natura ma secondo la sua natura, questo offrirebbe un messaggio naturale.

Il cambiamento di contenuti vuol dire anche il cambiamento profondo di messaggio religioso?

No, vuol dire rispettare il messaggio cristiano soprattutto, che è un messaggio incarnato, che è un messaggio che dice che in principio sta la parola, che in principio sta il mezzo di comunicazione, si potrebbe dire. Dice anche che in principio la parola era vicina a Dio, che la parola era Dio. E allora il messaggio cristiano, in senso profondo, ha da sempre riflettuto come lo strumento di comunicazione, la parola, è qualcosa di estremamente vicino a Dio, anzi è il contenuto stesso, è Dio stesso. Imparare a fare questo non è tanto una novità mass mediale ma è cercare di andare al cuore del messaggio cristiano più profondo.

C'è una grande parte della Chiesa, quella che viene chiamata la Chiesa dei poveri, che si rivolge evidentemente a delle zone dove la tecnologia non arriva. Usare Internet per la comunicazione della Chiesa, insomma i nuovi media, può far correre il rischio di tagliare fuori questa Chiesa dei poveri?

Si può correre il rischio di tagliare fuori la Chiesa dei poveri. La Chiesa dei poveri però soffre soprattutto, attualmente, di un problema di squilibrio tra la scarsità dei mezzi e alcuni mezzi che comunque arrivano e che travolgono le culture depresse perché comunque sulla capanna trovi la parabola satellitare, comunque dentro le favelas trovi la televisione. Allora tutto questo crea degli scompensi di comunicazione che possono creare una nuova colonizzazione culturale, una nuova colonizzazione dei poveri. Come utilizzare questi mezzi a favore dei poveri è un'altra delle grandi sfide che la Chiesa si ritrova davanti. Pensiamo all'America Latina, ma anche all'Africa.

Come può essere risolta questa sfida?

Può essere risolta con le vere parabole, come direbbe Gesù. Bisognerebbe riuscire a creare, attraverso i mezzi di comunicazione, delle parabole positive, delle parabole che parlino anche alle masse del popolo escluse dalle nuove tecnologie e non accontentarsi delle parabole negative che la televisione comunque riversa sulla gente continuamente. Che in Burkina Faso vedano migliaia di puntate dello sceneggiato televisivo Capitol per me è un grosso problema, però sono stato in Brasile la settimana scorsa e lì mi domandavano del cd rom del Papa, e di quale effetto possa avere anche per loro la diffusione di questo cd rom e ho constatato che in Brasile ha avuto già un effetto positivo.

Qual è la grande capacità comunicativa di Giovanni Paolo II, qual è la sua grande forza?

Secondo me Giovanni Paolo II è l'uomo del gesto, è l'uomo che riesce a mettere tutto se stesso dentro alla comunicazione, al di là delle parole che dice. Lui si fa parola attraverso l'uso delle mani, l'uso del corpo, la capacità di guardare, la capacità di inginocchiarsi, la capacità di usare tutto il proprio corpo. In un libro di Desmond Morris dedicato al gesto e all'uso del corpo Giovanni Paolo II viene citato in fotografia ben cinque volte, più di tutti gli altri uomini della terra, per dimostrare come si usa tutto quanto il corpo per la comunicazione, fino alla voce o alle pause della voce, che sono parte della gestualità. E il Papa deve aver studiato questo tipo di comunicazione che usa in maniera naturale, perché è riuscito a farla diventare normale dentro di sé, e in questo modo si offre naturalmente anche alla telecamera. Non ha paura, a differenza di molti altri di noi, di molti altri ecclesiastici, della telecamera perché lui ha come introiettato dentro di sé il modo naturale di comunicare con tutto il corpo. Sa che la telecamera non guarda quello che dici ma guarda a come lo dici, e sa evidentemente comunicare, attraverso il gesto, al di là delle parole che dice. 

Siamo alle soglie del primo Giubileo multimediale. Qual è la strategia di comunicazione in un evento evidentemente anche mediatico, qual è il progetto della Chiesa a livello di comunicazione?

A livello di comunicazione la Chiesa vuole comunicare l'invito alla conversione, un invito antico. Come si fa a comunicarlo a livello mediatico? Quando noi parliamo di mezzi di comunicazione pensiamo subito a una strumentalizzazione, pensiamo a una vendita di prodotti che possono essere immessi sul mercato. Questo evidentemente è un pericolo, è un dramma a cui il Giubileo potrebbe andare incontro se tutto quanto venisse ridotto alla vendita di video, cd rom, programmi televisivi. La sfida si vince se questi strumenti invitano alla conversione. La sfida si vincerà se noi riusciamo a usare gli strumenti secondo natura, cioè secondo la loro natura di parabole da proporre agli uomini del nostro tempo, parabole capaci di incidere nell'immaginario collettivo del nostro tempo e portarlo a conversione.

In quale maniera Internet sta cambiando in generale la comunicazione e della Chiesa?

Internet credo stia cambiando la comunicazione nel mondo e sia molto importante per la Chiesa perché la Chiesa è già una Rete, è un network già esistente. Questo network in passato ha fatto fatica a disvelarsi attraverso gli strumenti della radio e della televisione perché comunque sono strumenti che hanno un punto di partenza che va verso tanti altri punti di partenza. Internet invece, più naturalmente, entra in quelle grandi maglie di cui è fatta la Chiesa Cattolica per arrivare nel mondo intero. Di Internet si sono appropriate le parrocchie, i gruppi, le associazioni. Internet è diventato, più velocemente della televisione, uno strumento congeniale alla struttura della Chiesa Cattolica.

Attraverso Internet e attraverso le tecnologie in generale il messaggio cristiano tradizionale non corre il rischio di essere deformato? Non corre forse il rischio di venire recepito in maniera diversa, di essere volgarizzato, di essere in qualche maniera messo in un tutt'uno disomogeneo come la Rete?

La Rete può confondere, la Rete può portare tanti messaggi tra i quali una persona fa fatica a navigare, tanti messaggi in cui si fa fatica a orientarsi. Bisogna però accettare questa sfida. O si rifiuta questo mondo, si rifiutano questi sistemi di comunicazione, o si cerca di entrare in questi strumenti di comunicazione e fare ordine, ritrovare un nuovo senso dentro al caos. Internet ci riporta quasi allo stato primordiale, allo stato del caos primordiale, dentro al quale Dio ha creato il senso, ha creato l'ordine. La Bibbia non dice che prima non c'era nulla e poi è diventato qualcosa, dice che prima c'era il caos e Dio ha saputo dare ordine. Credo che Internet riproponga proprio questi problemi e sfidi tutti noi, a cominciare dai religiosi, a verificare come da un caos si possa organizzare un ordine. È il problema del primo versetto della Bibbia.


(Don Moretto -23 agosto 1999)