Combattimento spirituale

27.02.2018 19:17

Filmati riferiti ai Padri del deserto :  

Combattimento Spirituale  del Card. Tomas Spidlik 

Lo Spirito interiore e gli otto pensieri malvagi  

di  Don Fabio Rosini

Tesi su gli scritti di Evagrio Pontico  

Articoli e filmati attuali  : Noi siamo ciò che pensiamo

 

Sul discernimento delle passioni e dei pensieri

di Evagrio Pontico.

(S.E.R.Mons. Antonino Raspanti)

Fra i demoni che si oppongono alla pratica delle virtù, i primi a mettersi in assetto di guerra sono quelli cui sono affidate le voglie della gola, quelli che insinuano in noi l’amore per il denaro e quelli che ci stimolano a cercare la gloria che viene dagli uomini. Non accade infatti che si cada in mano allo spirito di fornicazione se non si è già caduti per la golosità. E non c’è chi non sia turbato dall’ira se non è in lite a motivo di cibi, ricchezze o gloria. E non c’è modo di fuggire il demone della tristezza se non si sopporta la privazione di tutte queste cose. Come pure nessuno può sfuggire l’orgoglio, prima prole del diavolo, se non ha prima sradicata la radice di tutti i mali che l’amore per il denaro, se è vero, come dice Salomone, che l’indigenza rende umile l’uomo. In breve, non accade che l’uomo incappi nel demonio se prima non è stato ferito da questi tre mali principali. Anche al Salvatore il diavolo pose innanzi questi tre pensieri. … Ma il Signore nostro mostrandosi superiore a tutto ciò, ordinò al diavolo di andarsene da lui: insegnandoci così che non è possibile respingere il diavolo se non si sono disprezzati questi tre pensieri. Tutti i pensieri demoniaci introducono nell’anima concetti relativi a oggetti sensibili e l’intelletto, imprimendosene, rivolge in se stesso le forme di quegli oggetti: essa riconosce allora il demone che si accosta all’oggetto stesso. Per esempio, se nella mia mente si presenta i volto di chi mi ha fatto torto o offeso, è evidente che si avvicina un pensiero di rancore; se invece si presenta il ricordo delle ricchezze o della gloria, si riconoscerà chiaramente dall’oggetto chi è che ci angustia. Lo stesso per gli altri pensieri: dall’oggetto scoprirai chi è che viene ad insinuarli. Non intendo però dire che qualsiasi ricordo di tali oggetti provenga dai demoni. Perché l’intelletto stesso, mosso dall’uomo, produce le immagini degli avvenimenti. Sono dai demoni quei ricordi che suscitano ira o concupiscenza contro natura. A motivo infatti del turbamento di queste potenze, l’intelletto, col pensiero, commette adulteri e intraprende guerre perché non può accogliere l’immagine del Dio suo legislatore: infatti quella luminosità si manifesta al principio fondamentale dell’anima nel tempo della preghiera, in misura dello spogliamento dai concetti relativi a oggetti. L’uomo non può respingere i ricordi passionali se non fa attenzione alla concupiscenza e alla collera, dissipando la prima con i digiuni, con veglie e col dormire per terra, e calmando la seconda con atti di longanimità, pazienza, perdono e misericordia. Da queste due passioni sono infatti costituiti pressoché tutti i pensieri demoniaci che spingono l’intelletto a rovina e perdizione. Ma è impossibile superare queste passioni se non si disprezzano totalmente cibi, ricchezze e gloria e anche il proprio corpo, a motivo di quei pensieri che si danno così spesso a schiaffeggiarlo. È dunque assolutamente necessario imitare quelli che si trovano in pericolo nel mare e che gettano via gli attrezzi a motivo della violenza dei venti e dei flutti che si ergono contro di loro. A questo punto però bisogna ben guardarsi dal gettar via gli attrezzi per essere guardati dagli uomini, altrimenti abbiamo già ricevuto la nostra ricompensa, anzi ci sopravverrà un altro naufragio più terribile del primo, perché allora soffierà il vento contrario del demone della vanagloria. (Mt 6,1.5.16) Ma a questo punto dobbiamo fare attenzione al medico delle anime e vedere come egli curi la collera con l’elemosina, con la preghiera purifichi l’intelletto e, ancora, dissecchi col digiuno la concupiscenza: in questo modo si costituisce il nuovo Adamo che si rinnova a immagine di colui che l’ha creato, nel quale non c’è – in forza dell’impassibilità – né maschio né femmina, e – in forza dell’unica fede – né greco né giudeo, né circoncisione né incirconcisione, né barbaro né scita, né schiavo né libero, ma tutto e in tutto Cristo. La nostra irascibilità, quando si muove contro natura, molto coopera allo scopo che si prefiggono i demoni: e diventa così utilissima per qualsiasi loro inganno. Perciò non si fanno pregare per sconvolgerla giorno e notte. E quando la vedono trattenuta dalla mitezza, subito la liberano con buoni pretesti perché, divenuta violenta, serva ai loro pensieri bestiali. È perciò necessario non eccitarla con nessun oggetto, né giusto né ingiusto, evitando di mettere in mano a chi ci suggestiona un’arma funesta, come so che spesso molti fanno, anche attaccandosi più del dovuto a ben piccoli pretesti. Infatti, dimmi perché diventi così in fretta combattivo? Non hai forse ormai disprezzato cibi, ricchezze e gloria? Perché allevi il cane se ha fatto professione di non avere nulla? Se poi questo abbaia e si butta sulla gente, è chiaro che è perché uno possiede qualcosa e vuole difenderlo. Ma sono ben certo che un uomo simile è lontano dalla preghiera pura, perché so che l’irascibilità distrugge questa preghiera. Quanto al dovere di non preoccuparsi di abiti o cibi, ritengo superfluo scriverne dato che il Salvatore stesso lo proibisce nei vangeli (Mt 6,31). Ciò infatti riguarda direttamente i pagani e gli increduli, quelli che rifiutano la provvidenza del Sovrano e rinnegano il Creatore. Ma i demoni hanno anche quest’altra abitudine: dopo i pensieri impuri, gettano anche dentro pensieri di qualche preoccupazione, perché Gesù si ritiri a causa della folla di idee che c’è nel luogo della nostra mente e la Parola divenga infruttuosa, soffocata da pensieri di preoccupazione. Una volta dunque depostili, gettiamo la nostra preoccupazione nel Signore, accontentandoci delle cose che abbiamo e, poveri nel tenore di vita e nell’abito, spoglieremo ogni giorno i padri della vanagloria. Dei pensieri, gli uni recidono e gli altri sono recisi. I cattivi, cioè, recidono i buoni e, a loro volta, i cattivi sono recisi dai buoni. Perciò lo Spirito Santo bada al primo pensiero che si fissa e in base a quello ci giudica o ci riceve. Voglio dir questo: ho un qualche pensiero di ospitalità, e certamente l’ho per il Signore, ma come sopravviene il tentatore, il pensiero è reciso perché egli suggerisce di dare ospitalità per amore della gloria. E ancora: egli suggerisce di dare ospitalità, ma per essere visto dagli uomini. Anche questo, però, col sopravvenire di un pensiero migliore, è reciso: un pensiero cioè che diriga piuttosto la virtù verso il Signore e induca a non fare per gli uomini queste cose. Dopo molta osservazione abbiamo conosciuto quale sia la differenza tra i pensieri provenienti dagli angeli, quelli provenienti dagli uomini e quelli provenienti dai demoni. I primi, osservano le varie nature delle cose e ne rintracciano le ragioni spirituali. Quanto al pensiero che viene dall’uomo, esso non ricerca il possesso dell’oro né si preoccupa di capirne il significato simbolico, ma soltanto ne introduce nella mente la nuda forma, senza passione né cupidigia. Ciò che vale per l’oro, vale anche per le altre cose, quando questo ragionamento viene misticamente esercitato secondo questa regola. Vi è un demonio, detto vagabondo, che si presenta ai fratelli soprattutto sul far del giorno: porta in giro l’intelletto di città in città, di villaggio in villaggio e di casa in casa, ed esso fa, s’intende, solo dei semplici colloqui, poi s’incontra più a lungo con qualche conoscente e corrompe con quelli che incontra il suo stato interiore, quindi, spintosi più lontano, a poco a poco si dimentica della conoscenza di Dio, della virtù e della professione fatta. Bisogna dunque che il solitario osservi da dove venga questo demone e dove voglia andare a finire. Perché non è per niente né a caso che fa tutto quel giro. Fa questo per corrompere lo stato interiore del solitario: in modo che l’intelletto, infiammato da queste cose, ebbro per i molti incontri, subito incappi nel demone della fornicazione o dell’ira o della tristezza, tutte cose che massimamente distruggono lo splendore del suo stato interiore. Ma noi, se ci proponiamo davvero di conoscere chiaramente l’astuzia di costui, non dobbiamo aver fretta a gridare contro di lui, né a palesare l’accaduto raccontando come egli realizza, nel pensiero, questi incontri e in qual modo a poco a poco spinge l’intelletto alla morte, altrimenti fuggirà da noi perché non sopporta di essere visto fare tali cose: e così non potremo sapere nulla di ciò che cercavamo di imparare. Dobbiamo piuttosto lasciare che ancora per un giorno e magari per un altro vada fino in fondo alla commedia, così da imparare bene le sue macchinazioni, e allora potremo metterlo in fuga confutandolo con le nostre parole. Ma poiché nel tempo della tentazione accade che l’intelletto sia torbido e non veda esattamente ciò che avviene, questo si deve fare dopo che il demonio se ne sia andato. Siedi e riportati alla memoria dell’accaduto, da dove hai cominciato, dove sei andato e in quale luogo ti abbia attirato lo spirito della fornicazione, o della tristezza, o dell’ira e, di nuovo, come ciò sia accaduto. Esamina tutto bene e affidalo alla memoria per essere in grado di confutare il demonio al suo avvicinarsi. Osserva anche il luogo nascosto dove egli mira a condurti, e non lo seguirai più. Se vuoi farlo anche diventare furioso, confutalo appena si presenta e il primo luogo in cui sei entrato, tu dichiaraglielo a parole, come pure il secondo e il terzo. Ne sarà seccatissimo, perché non tollera di essere svergognato. Come dimostrazione che tu avrai saputo parlargli nel modo giusto ne avrai che il pensiero se ne sarà andato via da te: è impossibile infatti che resti se è apertamente confutato. Vinto il demonio, ne segue una profonda sonnolenza, uno stato di morte accompagnato da grande pesantezza alle palpebre, sbadigli a non finire, spalle appesantite. Ma lo Spirito santo solverà tutto ciò in forza di una intensa preghiera. L’odio contro i demoni ci aiuta molto a conseguire la salvezza ed è conveniente alla pratica della virtù. Ma noi non siamo in grado di coltivarlo da noi stessi come un qualche buon germoglio: poiché gli spiriti amanti del piacere lo dilacerano e riportano l’anima al consueto amore. Questo amore – o piuttosto – questa cancrena difficile da guarire – il medico delle anime la cura abbandonandoci a una prova. Infatti permette che patiamo, di giorno e di notte, qualche cosa di pauroso da parte loro, e così l’anima ritorna al suo odio originale. E che dire poi di quel demone che rende l’anima insensibile? Ho timore anche a scriverne. Come accade cioè che al suo arrivo l’anima esca dal suo stato interiore, si spogli del timore del Signore e della pietà, non consideri più peccato il peccato, né più ritenga prevaricazione la prevaricazione; si ricordi del castigo e del giudizio eterno come di cosa da nulla e si faccia realmente beffe del terremoto di fuoco (Gb 41,20). Confessa Dio, s’intende, ma non capisce il suo comando. Ti batti il petto perché vedi l’anima muoversi verso il peccato, ma essa non percepisce nulla; tratti della scrittura, ma l’anima è tutta ottusa e non ode; le metti contro il rimprovero degli uomini, ed essa non ne fa conto, la vergogna da parte degli uomini e non capisce, a guisa di un maiale che ha chiuso gli occhi e fatto breccia nel recinto. Questo accade a coloro che raramente frequentano i fratelli. E il motivo è evidente: questo demone di fronte alle disgrazie degli altri, a quelli che sono travagliati da malattie, o che hanno la sventura di essere in prigione, o che incontrano morte improvvisa, subito fugge. Perché appena l’anima è commossa e presa da compassione, si dissipa l’indurimento prodotto dal demonio. Ma questa possibilità noi non l’abbiamo a motivo della solitudine in cui viviamo e della rara presenza, quindi, presso di noi di persone sofferenti. È soprattutto perché si possa fuggire questo demone che il Signore nei Vangeli ha comandato di visitare gli ammalati e quelli che sono in carcere. Ero infermo e mi avete visitato. Dobbiamo però sapere questo: se qualche solitario, incappato in questo demone, non ha tuttavia accettato pensieri impuri, né ha abbandonato la casa per l’accidia, costui ha ricevuto sopportazione e temperanza discese dai cieli ed è beato per tale impassibilità. Quanto a quelli che hanno fatto professione di esercitare la pietà e scelgono di vivere insieme ai mondani, si guardino da questo demone. Io infatti mi vergogno davanti agli uomini a dire o scrivere di più a suo riguardo. Tutti i demoni insegnano all’anima l’amore per il piacere: solo il demone della tristezza se ne astiene, anzi distrugge tutti i pensieri insinuati dagli altri demoni, impedendo all’anima qualsiasi piacere e inaridendola per la tristezza. Tuttavia, se appena un poco si combatte, serve a rendere provato il solitario. Lo persuade infatti a non accostarsi a nulla delle cose di questo mondo e a non volgersi a nessun piacere. Se però persiste più a lungo genera dei pensieri che suggeriscono di sottrarre l’anima (a questo tormento), o forzano a fuggire lontano da quel luogo. Questo è ciò che ha pensato e patito il santo Giobbe, tormentato da questo demone: Magari potessi portar la mano contro me stesso, o almeno altri, da me richiesto, mi facesse questo (Gb 30,24). E tuttavia questo spirito che affligge gli uomini è capace di divenire apportatore di buon pentimento. Perciò anche san Giovanni Battista chiama quelli che erano feriti da questo spirito e si rifugiavano in Dio «razza di vipere». Chiunque però ha imitato Abramo ed è uscito dalla sua terra e dalla sua parentela, si è reso più forte anche di questo demone. Se qualcuno è dominato dalla collera, è dominato dai demoni. E se uno le è asservito, costui è estraneo alla vita monastica, uno straniero che vive nelle vie del nostro Salvatore, dato che lo stesso Signore dice che egli insegna ai miti le sue vie: perciò quando l’intelletto dei solitari si rifugia nella pianura della mitezza, difficilmente può essere preso perché non c’è forse altra virtù che i demoni temono quanto la mitezza. Se qualcuno ha rinunciato a cibi e bevande, ma eccita la collera con cattivi pensieri, assomiglia a una nave che solca il mare con un demone quale pilota! Solo tra i pensieri, quello della vanagloria è composta da molti elementi, abbraccia un po’ tutta la terra e apre le porte a tutti i demoni, come farebbe un qualche perfido traditore in una città. Perciò umilia l’intelletto del solitario riempiendolo di discorsi e oggetti e corrompendo le preghiere con le quali egli si studia di curare tutte le ferite della sua anima. Tutti i demoni, una volta vinti, fanno crescere questo pensiero e, per mezzo suo, trovano di nuovo accesso alle anime: ed è così che rendono l’ultima situazione delle anime peggiore della precedente. Di qui nasce il pensiero della superbia: ed è questo che ha fatto crollare dai cieli sulla terra il sigillo della somiglianza e la corona della bellezza. Fuggila dunque, non tardare perché non ci accada di consegnare ad altri la nostra vita, la nostra ricchezza a chi è senza misericordia. Questo demone lo mette in fuga l’assidua preghiera e il non fare o dire nulla di ciò che si compie per la maledetta vanagloria. Non appena l’intelletto dei solitari raggiunge una certa impassibilità, ecco che acquista il cavallo della vanagloria e subito corre per le città, riempiendosi senza misura di lode a sua gloria: ma, se per una disposizione della provvidenza gli si sarà fatto incontro lo spirito di fornicazione e l’avrà rinchiuso in un porcile, questo gli insegnerà a non lasciare più il letto prima di aver conseguito perfetta salute e a non imitare i malati indisciplinati che, portandosi ancora addosso i residui della malattia, si danno intempestivamente ai viaggi e ai bagni e così hanno delle ricadute. Perciò, stiamocene seduti, badiamo piuttosto a noi stessi in modo che, avanzando nella virtù, non lasciamoci muovere al male e ridestandoci alla conoscenza, accogliamo una folla di meditazioni. Poi, di nuovo sollevandoci, contempleremo più chiara la luce del Salvatore. Ma non posso descrivere tutte le astuzie dei demoni: e ho pudore a passare in rassegna tutte le loro macchinazioni, ho timore cioè per i lettori più semplici. Ascolta però le astuzie del demone della fornicazione. Quando qualcuno giunge ad acquisire l’impassibilità quanto alla sua concupiscenza e i pensieri turpi tendono a raffreddarsi, allora questo demone introduce immagini di uomini e donne che scherzano tra di loro e costituisce il solitario spettatore di cose e atteggiamenti turpi. Ma questa tentazione non è di quelle che durano a lungo: preghiera e regime austero unito alla veglia e all’esercizio di meditazioni spirituali dissipano la tentazione come una nuvola senz’acqua. Contro i pensieri di questo tipo si è aiutati anche dal ribollire della collera che si muove contro il demonio: egli teme moltissimo questa collera che si agita contro i pensieri e distrugge i suoi ragionamenti. È questo il senso della parola: Irritatevi e non peccate (Sal 4,4). Questa collera è un’utile medicina offerta all’anima durante le tentazioni. Accade però che il demone dell’ira imiti anche lui l’altro demone e dia forma a qualche figlio o amico o parente nell’atto di venire oltraggiato da gente indegna, e così eccita la collera del solitario a dire o fare qualcosa di cattivo contro le immagini che si muovono nel suo pensiero: è perciò necessario fare attenzione un momento a queste immagini, badando tuttavia a strappare subito la mente perché non accada che, se si attarda in esse, ne sia segretamente infiammata nel tempo della preghiera. In queste tentazioni cadono soprattutto i collerici e quelli che facilmente si lasciano trascinare dai loro impulsi. Costoro sono lontani dalla preghiera pura e dalla conoscenza del Salvatore. I concetti di questo secolo il Signore li ha affidati all’uomo come pecore a un buon pastore. Sta scritto: ad ogni uomo ha dato il concetto nel suo cuore, e ha unito a lui, quali aiuti, concupiscenza e ira: mediante l’ira deve mettere in fuga i pensieri dei lupi e, mediante la concupiscenza, deve amare le pecore, anche quando si trovi spesso in balia delle piogge e dei venti. A questo il Signore ha aggiunto anche la legge, perché pascoli le pecore; e anche un luogo verdeggiante, acqua che ristora, salterio, cetra, verga e bastone: così da questo gregge il pastore trarrà il suo nutrimento, si rivestirà e raccoglierà il fieno dei monti. Bisogna dunque che il solitario custodisca giorno e notte questo gregge: perché niente venga divorato dalle belve o cada nelle mani dei ladri. Ma se in un luogo selvoso accadesse qualcosa di simile, subito egli deve strappare la preda dalla bocca del leone o dell’orso. Per esempio, il concetto di fratello viene in noi divorato dalle belve se lo si pascola con odio; il concetto di donna diviene tale se lo rivolgiamo in noi unito a turpe concupiscenza; quello del denaro e dell’oro, se lo alberghiamo in noi unito alla cupidigia; e così per i pensieri relativi ai santi carismi, se li alimentiamo nella nostra mente insieme alla vanagloria. Allo stesso modo accadrà per tutti gli altri concetti, se divengono preda delle passioni. E non basta stare attenti di giorno, occorre custodirsi vigilanti anche di notte: perché accade di perdere ciò che è nostro anche con fantasie turpi. Se poi la grande fatica generasse in noi accidia, allora noi saliremo un poco sulla pietra della conoscenza e ci attaccheremo al salterio, facendone vibrare le corde mediante la conoscenza delle virtù. E di nuovo pascoleremo le pecore anche sotto il monte Sinai, perché il Dio dei nostri padri chiami anche noi dal roveto e ci faccia dono di quelle parole che operano segni e prodigi. La natura razionale, messa a morte dalla malizia, è risuscitata da Cristo mediante la contemplazione di tutti i secoli. E il Padre suo risuscita mediante la conoscenza di se stesso l’anima che è morta della morte del Cristo. È questo ciò che dice Paolo: se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui. Quando l’intelletto si è spogliato dell’uomo vecchio, si riveste di quello che proviene dalla grazia, ed è allora che nel tempo della preghiera vedrà la propria struttura, simile in qualche modo allo zaffiro o alla superficie celeste: cose che la scrittura indica come il luogo di Dio, visto dagli anziani sul monte Sinai. Quando qualche nemico si avvicina a te, ti ferisce, e tu vuoi rivolgere la spada al suo cuore, fa’ come ti diciamo. Analizza in te stesso il pensiero che ti è stato gettato dentro. Vedi cosa sia in sé, di quali elementi si componga e che cosa sia precisamente ciò che più affligge la tua mente. Voglio dire questo: il nemico ti ha portato il pensiero dell’amore per il denaro? Tu fai una distinzione fra l’intelletto che ha ricevuto il pensiero dell’oro, il pensiero stesso dell’oro e l’oro in sé e la passione che ci porta ad amare il denaro. Poi chiediti: fra questi, che cosa è peccato? Forse l’intelletto? E come allora è immagine di Dio? Allora, il concetto dell’oro? Ma nessuno che abbia intelletto potrebbe mai affermarlo. È forse peccato l’oro in sé? È perché allora è stato creato? Ne segue che la causa del peccato è la quarta. Non è un oggetto che abbia una esistenza a sé stante, né il concetto di un oggetto, ma è un qualche piacere nemico dell’uomo, generato dalla nostra libera volontà e che forza l’intelletto a servirsi malamente delle creature di Dio: ed è stato affidato alla legga di Dio di recidere questo piacere. Mentre tu indaghi in questo modo, il pensiero sarà distrutto, dissolvendosi nella contemplazione. Il demone fuggirà da te quando la tua mente sarà stata portata in alto da tale conoscenza. Se invece non vuoi servirti contro di lui di quella spada e desideri piuttosto metter mano alla tua fionda, allora estrai una pietra dalla tua borsa di pastore e cerca di farti queste considerazioni: come mai gli angeli e i demoni si accostano al nostro mondo mentre noi non ci accostiamo ai loro mondi? Noi non possiamo infatti maggiormente avvicinare gli angeli a Dio, né ci proponiamo di rendere i demoni ancora più impuri. E ancora: come mai Lucifero, che sorge al mattino, fu gettato sulla terra, e considera il mare come un’ampolla e il più profondo dell’abisso come un prigioniero di guerra? E fa ribollire l’abisso come una pentola perché vuole tutti turbare con la sua malizia e tutti dominare. La considerazione di queste realtà ferisce moltissimo il demonio e mette in fuga tutto il suo esercito. Ma questo lo possono fare quelli che si sono un po’ purificati e vedono un poco le ragioni delle realtà create. Quelli che sono impuri non conoscono la contemplazione di tali ragioni e, ripetessero anche una formula imparata da altri, non saranno ascoltati, a motivo della molta polvere e tumulto causato dalle passioni durante la battaglia. È assolutamente necessario infatti che tutta la schiera dei Filistei stia immobile, perché solo Golia si faccia avanti incontro al nostro Davide. Allo stesso modo ci serviremo di questa distinzione delle parti in guerra e dell’immagine che ci si presenta contro tutti i pensieri impuri. Quando accade che qualche pensiero impuro se ne fugga in fretta, dobbiamo forse ricercarne la causa per capire come ciò si sia prodotto. In genere ciò accade o perché l’oggetto in questione manca, o perché si tratta di materia difficile a ottenersi, o perché stiamo entrando nella regione dell’impassibilità: è per questi motivi che succede che il nemico non possa vincerci. Se per esempio a qualche solitario viene il pensiero che gli venga affidata la guida spirituale della città, è difficile che si fermi a fantasticare su questo, per i motivi di cui si è detto sopra. Ma se accade che uno diventi guida spirituale di una qualche città e il suo pensiero non subisce alterazioni, vuol dire che è giunto alla beatitudine dell’impassibilità. Queste cose ci è necessario saperle per avere prontezza e forza: perché possiamo vedere se abbiamo attraversato il Giordano e siamo vicini alle palme, oppure se siamo ancora nel deserto e sotto i colpi degli stranieri. Perché vedo per esempio come il demone dell’amore per il denaro sia versatile e sia straordinario nella sua capacità di inganno. Spesso, angustiato dalla nostra totale rinuncia, subito si finge economo e amante dei poveri, riceve liberalmente ospiti che non son ancora lì, manda elemosine a quelli che mancano di qualcosa, visita le prigioni della città, riscatta di là quelli che son stati venduti, ci suggerisce di unirci a donne ricche … Ci consiglia di assoggettarci ad altri, a quelli cioè che possiedono una borsa ben fornita! Così svia a poco a poco l’anima, la circonda con pensieri provenienti dall’amore al denaro e la consegna al demone della vanagloria. E questo introduce [nel’immaginazione] una moltitudine di quelli che glorificano il Signore per questi nostri affari, e manipola certuni che a poco a poco parlano di sacerdozio per noi. Fa pronostici sulla morte del sacerdote in carica e va dicendo che non può scamparla perché ne ha fatte di tutti i colori! E così quel misero intelletto, tutto preso nei vincoli di tali pensieri, entra [mentalmente] in lite con quelli che gli si oppongono, pronto ad offrire doni a quelli che l’accettano e ne approvano i buoni sentimenti. Alcuni di quelli che gli si sollevano contro immagina anche di consegnarli ai magistrati e di ordinare che siano banditi dalla città. Tutti i pensieri impuri, quando a motivo delle passioni si attardano in noi, conducono l’intelletto a rovina e perdizione. Come infatti il pensiero del pane si attarda nell’affamato a causa della fame e il pensiero dell’acqua nell’assetato a causa della sete, allo stesso modo anche i pensieri sulle ricchezze e le riflessioni sui turpi pensieri prodotti dai cibi si attardano in noi a motivo delle passioni. Questo sarà manifesto anche per i pensieri di vanagloria e per tutti gli altri pensieri. E non è possibile all’intelletto soffocato da tali pensieri presentarsi a Dio né cingere la corona della giustizia. L’abito delle nozze è dunque l’impassibilità dell’anima ragionevole che ha rinnegato le concupiscenze mondane

Link  per approfondimenti   : 

La spiritualità dei Padri del deserto  

Gli otto spiriti maligni  di Egagrio Pontico   

dal sito di Gianfranco Bertagni 

Sull'esicasmo e la preghiera di Gesù   Tratto da Tomàs Spidlìk 

Il libro dei 24 filosofi    di  Anonimo