Ciao Fabrizio Frizzi

19.05.2018 12:49

Filmato  :   Video 4 candele   di Fabrizio Frizzi 

Video e messaggio ricevuto dall'Amico Tria Domenico.

Nel video di Frizzi c’è una stanza illuminata da 4 candele accese che  conversano tra loro, consumandosi  lentamente. Esse rappresentano la pace, la fede, l’amore e la speranza.

La candela della pace dice alle altre che ha deciso di lasciarsi  spegnere perché gli uomini non sono interessati a conservarla; quella che rappresenta la fede spiega che gli uomini contemporanei  non ne vogliono più  sapere di tenerla in vita e perciò non ha senso restare accesa; la candela dell’amore dice alle altre che gli uomini la  considerano poco importante  e perciò anche a lei non resta che lasciarsi spegnere.

In quel momento un bambino entra nella stanza rabbuiata, con la sola candela della speranza accesa, e impaurito per la  semioscurità scoppia a piangere. Allora la candela lo tranquillizza dicendogli di non piangere perché finché lei resterà  accesa si potranno sempre riaccendere anche le altre tre e così far tornare la stanza luminosa

Penso che il bambino spaventato nella stanza semioscura possa essere interpretato come  la metafora dell’uomo fragile e inquieto sulla Terra sovrastata da un cielo che si va sempre più rabbuiando, la metafora dell’umanità senza pace, fede e amore sotto un cielo che si va progressivamente chiudendo. E come il bambino anche l’uomo potrà essere rassicurato in se stesso, ma solo se e quando le virtù ora spente verranno riaccese sulla Terra , così che  il cielo possa  ritornare ad essergli  amico.

Come dice la parabola declamata da Frizzi: la Speranza deve restare sempre accesa nel cuore dell’uomo perché soltanto ritrovando le sue profonde motivazioni potrà tornare nel mondo la Pace, la Fede e l’Amore.

Ma di quali Virtù si tratta?  Di quale Cielo? Per l’altezza e il lirismo delle parole del  racconto io direi che si parla  indifferentemente sia  delle virtù laiche (morali) che di quelle  teologali.

Il Cielo luminoso per me è quello ordinato che stupisce infinitamente Kant, e anche il cielo di cui ha scritto Victor Hugo “uno spettacolo grandioso superato solo dall’interno di un’anima” e, ovviamente, il Cielo (non-luogo ma stato dell’anima) delle diverse religioni del mondo. 

Sono stati scritti molti saggi di politica, psicologia, di arte, filosofia e di religione  sui multiformi aspetti di queste 4 virtù, sulla loro natura, sui loro reciproci rapporti e sui diversi significati delle espressioni simboliche collegate al  termine “Cielo”( il Regno di Dio, del suo Spirito, dello spirito del Cosmo, della via del Tao, del vuoto quantico, del nirvana …) ma la loro incomparabile storia (umana e divina) si può cogliere punteggiata soltanto nelle pagine plurimillenarie dei libri della Bibbia cristiana (46+27libri), nella lunga trama della “storia della salvezza” che ad iniziare dal Genesi fino ai libri messianici si snoda quasi sempre sotto cieli di fuoco e di tenebra attraverso guerre, vendette, disperazione - gli antonomi di pace, amore e speranza - per trovare alla fine compimento nei 5 Vangeli del N.T., il cuore  profondo e l’apice dell’intera narrazione biblica.  

Una narrazione di difficile lettura ma insuperabile per ampiezza e coerenza di visione (dal Genesi all’Apocalisse), forza letteraria, per l’acutezza delle suggestioni filosofiche proposte, il lirismo poetico, etico e religioso dei suoi contenuti, un patrimonio dell’umanità che offre chiavi di interpretazione di incomparabili profondità e altezze.

Osservo che proprio per la sua complessa orditura la conoscenza della Bibbia è un privilegio riservato agli esegeti e ai teologi di vaglia, ed è per questo motivo che fanno sorridere coloro  che  sulla base di infantili e sbiaditi ricordi del catechismo adolescenziale ritengono e pretendono di conoscerla abbastanza, tanto da poterla giudicare obsoleta e superata da visioni religiose più alla moda, magari dell’Oriente (induismo, buddismo, taoismo …) inarrivabili  per la nostra  mentalità o messe in piedi con il bricolage. 

Tuttavia anche una lettura soltanto parziale e a mezzo fondo di pochi libri dell’A.T. e dei Vangeli può essere sufficiente - per un adulto interessato - a dargli una sufficiente  conoscenza di questa inaudita storia  e consentirgli di percepire il senso profondo dei significati  e la portata messianica delle virtù della pace, fede, amore, speranza del racconto di Frizzi

In questa lettura può aiutare il riferimento ad una specie di formula che unifica quei significati ed è valida in contesti sia laici (politico, sociale, etico…) sia  religiosi, che suona così:

la Fede è il compimento della Speranza di cui si nutre ed un atto volontario di libero Amore da cui soltanto può scaturire una Pace duratura”.

Una formula che qui esprime evidentemente l’esercizio del Bene. Solo che il mondo è il regno del Male e delle tenebre (partorite da Lucifero, falso portatore di luce): il Bene va sempre in salita e richiede fatica mentre il Male è più comodo, va in discesa ed è per questo che vince sempre sulla Terra!

Per cui quella formula nel  mondo si  manifesta  al contrario: “la sfiducia (opposta alla fede) è ordinata all’incertezza del futuro (opposta alla speranza) e si esprime in atti di egoismo (contrari all’amore) che alimentano conflitti e controversie (contrari alla pace)”. 

Per tentare di correggere  questa situazione esistenziale l’uomo contemporaneo ha una sola possibilità: immerso in una cultura spiritualmente intorpidita, sonnolenta e spuntata, deve cercare di rigenerare la sua  intelligenza spirituale ( il QS che integra e unifica le altre due intelligenze, razionale QI ed emotiva QE a cui ho accennato in una mia recente mail) rifondandola su motivazioni di più alto livello.

Si tratta di una  esigenza di rigenerazione che è riconosciuta ed avvertita come uno stato di “emergenza culturale ed educativa” nella nostra società e  in molti altri Paesi evoluti dell’Occidente (che richiede nuove politiche per il mondo della formazione e istruzione!)

Ci spiegano  vari autori che  in una cultura di massa  ipermedializzata, spiritualmente debole e incentrata sul pensiero unico e  liquido come l’attuale,  le nostre  motivazioni più profonde vengono sistematicamente distorte dalle pressioni sociali ed economiche a cui siamo sottoposti e che ci inducono a scambiare i desideri per bisogni, a desiderare in modo compulsivo costante e insaziabile (i desideri muovono la volontà) sempre più beni, alla ricerca di più potere, piacere, privilegi

Per avere un più alto QS non è affatto necessario essere  più religiosi, tant’è che un ateo convinto può avere un QS e una coscienza intelligente ben superiori.  Tuttavia è comprovato che una concezione più elevata della religione  favorisce una superiore qualità della riflessione   sul senso della vita e le sue finalità ed una maggiore determinazione  nella ricerca delle risposte ultime.

Naturalmente io mi riferisco alla religione del Dio cristiano e non certo a quei sistemi religiosi per i quali il vivere e morire sono parte di un processo ciclico di energia che emerge dal vuoto quantistico in un “universo ordinato nato per caso” e che si dissolve di nuovo nel vuoto o nel nirvana, o nel respiro cosmico, ripetendosi incessantemente finchè esisterà un universo.

Noi sappiamo che le “risposte ultime” sono indisponibili alla nostra scienza e conoscenza (ogni religione compreso il cristianesimo contiene aporie e contraddizioni insormontabili) ed è per questo che il poeta Rilke in un suo componimento ha scritto: “ E’  più importante amare e vivere le domande anziché le risposte”. Sostiene Rilke che le risposte  non ci possono essere date perché non saremmo in grado di viverle. Forse le conosceremo un giorno lontano. Per lui vivere le domande significa farle proprie, sentirsi sollecitati, interpellati e sfidati da esse.

Al riguardo mi ricordo di aver letto da  qualche parte una curiosa citazione della  filosofia zen secondo cui  “un’ottima domanda non deve mai essere rovinata da una buona risposta”. 

In ogni caso però questa indisponibilità  non deve significare che uno fa sempre bene a rifiutare di farsi prendere da domande troppo impegnative e sconfinate, che richiedono un prezzo troppo alto in tempo e fatica per la ricerca della risposta, perché tra rifiutare e insistere nella ricerca c’è una giusta via di mezzo.

Del latino - che non conosco - ho memoria di questa frase: ”medio tutissimus ibis”  ossia  “nel mezzo camminerai sicurissimo”, per cui  nel nostro caso il retto atteggiamento da assumere di fronte ai fondamentali e ardui  interrogativi posti dalla vita e dalla religione a mio parere è di volta in volta quello “intermedio più confacente” che possa consentire una  conoscenza adulta dei principi  della dottrina, tanto quanto basta  per acquisire una fede sufficientemente salda.

Secondo la comune accezione una fede salda -  incentrata sui principi fondamentali della dottrina cristiana, approfonditi e assimilati  attraverso le esperienze della vita e i valori della Tradizione  -  è quella di una persona matura che accetta  e si fida dei  dogmi, che non pretende di scrutare tutti i misteri, che ama e rispetta la Chiesa come depositaria della Rivelazione, pur frequentandola poco e di cui segue docilmente e convintamente il Magistero, per vivere una vita ricca di spiritualità, in pace con Dio, con la natura, con se stesso e con gli altri. 

E’ la c.d. “fede dottrinaria” che - è stato scritto sui più autorevoli quotidiani - anche il grande maestro del cinema Olmi scomparso in questi giorni diceva di possedere,  e che poi è riuscito a far trasparire lucidamente dai suoi capolavori.

Essa si differenzia dalla c.d.”fede dottrinale”, basata su una  conoscenza della religione sostanzialmente intellettualistica ovvero di tipo catechistico, spesso superficiale e immatura, rimasta  ferma agli insegnamenti dei principali  articoli del catechismo cattolico ricevuti negli anni dell’adolescenza, appiccicata più che vissuta, che non è mai lievitata ed è perciò rimasta infantile. Quella, ad esempio, di coloro, a cui ho prima fatto cenno ,che presto o tardi  finiscono per considerarla obsoleta e superata da altre visioni religiose più attraenti  e alla moda. 

A proposito della più famosa opera di Olmi – “L’albero degli zoccoli” –  rivedendo il film alla TV sono rimasto di nuovo impressionato, sgomento e incredulo, penso come tutti, di fronte ad un racconto così crudamente realistico che narra ciò che accadeva nel mondo ignorante e contadino nel nostro Paese negli anni ’60 del boom economico. La storia di una umanità disumanizzata dalla miseria e dalla sofferenza, senza speranza, rassegnata alla tribolazione, ancorata ad una fede semplice, unica luce di salvezza per gli ultimi, sotto un Cielo oscurato e indifferente

Proprio lo stesso Cielo rabbuiato e chiuso della metafora tratta dal racconto di Frizzi che ci aveva avvertito: se faremo spegnere anche la luce della speranza nel cuore dell’uomo il mondo precipiterà nel buio.

Tant’è che a ben vedere il film di Olmi sembra proporci una metafora simile e con gli stessi esitiLa descriverei così (chiedendo scusa agli amici poeti per questi non-versi il cui ritmo, le rime, i suoni delle parole e gli accenti tonici sono del tutto casuali):

“Sulla terra crescono tre alberi : due li ha inventati Dio creatore, il terzo l’uomo distruttore. L’albero della vita e l’albero della conoscenza, entrambi opera della divina sapienza. L’albero degli zoccoli e della fame, che della bontà e giustizia umane fa orribile strame. L’uomo scegliendo quale meglio crescere e coltivare farà capire dove vorrà andare a finire: vivere in grazia di Dio e nell’amore, oppure nella miseria e nel disonore”. 

Come dire che soltanto estirpando dalla Terra l’albero degli zoccoli e della fame e mantenendo sempre vivi e intangibili nella coscienza dell’uomo i diritti universali ad una vita dignitosa e alla conoscenza (figure dei due alberi inventati da Dio) potrà tornare nel mondo un nuovo umanesimo di giustizia di Pace, di Speranza e di Amore

Una pace che - ritornando al contesto della parabola ebraica raccontata da Frizzi - è la pace “messianica” (ben più poliedrica di quella “mondana”) verso cui converge l’intera storia della Bibbia e che comprende non solo l’assenza di guerre e violenze ma anche delle durature condizioni di benessere, fiducia, prosperità  e speranza nel futuro per l’intera umanità ( se non sbaglio  è anche la pace descritta in qualche parte dal famoso filosofo ateo, ebreo olandese, Spinoza).