Enrico Medi Fisico e Servo di Dio

01.04.2017 10:28

Filmati   :  "Gli uomini e il cielo"  Conferenza a Prato 13/04/1970 

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Enrico Medi nasce il 26 aprile 1911, a Porto Recanati, nelle Marche. Compiuti gli studi classici all’Istituto Massimo di Roma, si era laureato in Fisica pura sotto la guida di Enrico Fermi a 21 anni, nel 1932. Quasi subito fu nominato assistente dell’Istituto di Fisica all’Università di Roma; conseguì la libera docenza in Fisica terrestre nel 1937 e nel 1942 vinse la Cattedra di Fisica sperimentale presso l’Università di Palermo. Nel 1949, diventò Direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica, poi titolare della Cattedra di Fisica terrestre all’Università di Roma. Una carriera brillante, luminosa, invidiabile. Ma non è tutto. Il 2 giugno 1946, veniva eletto deputato all’Assemblea costituente, riconfermato fino al 1953 alla prima legislatura della Repubblica, nelle liste della DC. Poi gli incarichi non si contano più: vicepresidente dell’Euratom con sede a Bruxelles, poi membro del Consiglio Nazionale delle Ricerche, del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, capogruppo in Campidoglio per la DC, deputato per la terza volta.
Le scienze erano la sua passione. «Sono felice – diceva – di essermi dedicato a questo settore per conoscere e ammirare le meraviglie profuse da Dio nell’immensità del creato». Eccezionali i suoi studi biologici sulle materie che rigenerano le cellule e sulle cure dei tessuti colpiti da radiazioni atomiche. La prima tesi al mondo sul neutrone porta la sua firma. Le prime esperienze sul radar sono state fatte da lui. Fu il primo a studiare i fasci ionizzanti dell’alta atmosfera, confermati poi dallo scienziato americano Van Allen. Formidabili i suoi studi e le soluzioni tecniche che diede alle periodiche disastrose inondazioni del Polesine e in altre difficili situazioni, in cui pose la sua scienza al servizio dell’umanità, e specialmente della sofferenza umana

Enrico Medi amava immensamente la scienza e si studiò di renderla accessibile e simpatica a tutti. Quando parlava, lo capivano anche i bambini. Pure gli avversari politici restavano affascinati dalla sua personalità; la scienza, sulle sue labbra, irradiava luce, la luce di Dio. Da dove gli veniva questo fascino, questa capacità di “contagiare” gli altri? Un giorno qualcuno gli domandò: «Professore c’è contrasto tra scienza e fede?». Rispose: «È come se tu mi domandassi se c’è contrasto tra i piedi e la testa. I piedi camminano, la testa li guida sulla via da percorrere. I piedi sorreggono la testa e la testa guida nella luce il cammino tentennante dell’uomo».
Ogni giorno, passava un lungo tempo a leggere la Sacra Scrittura e in ogni pagina dell’Antico e del Nuovo Testamento vi trovava Gesù Cristo vivo. Meditava e pregava con la fede semplice di un bambino e la lucidità del grande uomo di scienza. Ogni giorno andava alla Santa Messa e si accostava alla Comunione eucaristica e Gesù diventava l’Amico divino insostituibile, l’intimo della sua vita, la passione ardente della sua anima, Colui che lo spingeva ad amare e a donarsi senza tregua in posti di alta responsabilità. Quando tornava dalla Messa, con l’anima ricolma di Gesù, si raccoglieva ancora in silenzio e scriveva le sue riflessioni sul Vangelo ascoltato in ogni giorno. Ne sono nate pagine splendide, degne di un autore spirituale, di un mistico. Grazie alla riflessione assidua sulla Sacra Scrittura e alla meditazione sui grandi Maestri del Cattolicesimo, primo tra tutti san Tommaso d’Aquino, era diventato un credente eccezionale, ricco di una fede pensata (“fides cogitata”), granitica. Qualcuno disse che era un fanatico. Medi rispondeva sereno e lieto: «Credo in Dio come sul fatto che cinque per otto fa quaranta. Allo stesso modo credo nella legge di Ohm: quando vedo un filo staccato, so che la corrente non passa né potrà passare mai finché non si riattacca il filo. Se questo è fanatismo religioso, sì, io sono un fanatico». 

La figlia Maria Pia Medi scrisse : «La forza di papà Enrico è sempre stata la fede. In lui non c’è stato atteggiamento, gesto, insegnamento, rapporto umano che non portasse la sua testimonianza di apostolato per la gloria di Dio. Per natura era soprattutto un mistico». Quando parlava alle folle Enrico Medi si trasfigurava, «Egli parlava come se una voce interna parlasse ed egli trasmettesse. Qualcuno parlava per lui, dentro di lui. Il filo logico, a un certo punto cedeva all’invasione del sentimento e al colloquio con gli ascoltatori succedeva il colloquio con un Altro; allora parlava non agli ascoltatori, ma a Gesù e alla Madonna, come se fosse in chiesa e i suoi colloqui dinanzi alle platee erano momenti di vera elevazione» (L’Osservatore Romano, 28 maggio 1974). Un giorno, in una borgata di Roma, dove doveva parlare, lo accolsero a fischi e sassate, con un baccano indiavolato. Ma lui non ebbe paura di proclamare la Verità, rischiando anche sulla sua pelle. La sua era una proclamazione felice, fascinosa, che nasceva dal cuore. Un giorno, un ateo, u­scendo da una delle sue conferenze, disse a chi gli chiedeva di partecipare di nuovo agli incontri con Enrico Medi: «Non verrò più. Quell’uomo è terribilmente contagioso!».

Le aule universitarie e civiche, le sale parrocchiali e le piazze, uomini dottissimi e influenti e gli umili che egli prediligeva, sentirono, in Italia e all’estero, la sua calda testimonianza di fedeAutore di studi scientifici autorevolissimi, l’ultimo libro (Un grande tesoro, Sei, Torino 1971), Enrico Medi lo dedicò a commentare i Misteri del Rosario. Amava la Madonna con la semplicità e la fiducia di un bambino tra le braccia della mamma. Ogni giorno era stato fedele al Rosario e si addormentava stringendo tra le mani la corona. Diceva nel suo ultimo scritto: «I cambiamenti profondi... hanno portato la desolazione nei cuori. Ma i germi profondi, fondamentali della vita non cambiano. Ciò che è vero, buono, santo, resta, non muta con l’andare dei tempi e del vento: tutto ciò che è stabile, fermo, vivificante nella semente che Dio dona ai suoi figli. Noi cristiani abbiamo questa semente: la grazia di Dio. Il nostro tempo è tempo di meditazione e di preghiera. Un potente, sicuro e soavissimo modo di pregare e di meditare insieme alla Chiesa, al Corpo mistico di Cristo, dal Cuore Immacolato di Maria, la nostra Madre Celeste, è a noi venuto da secoli: il Rosario».
La morte, quando giunse per lui, troppo presto, il 26 maggio 1974 all’età di soli 63 anni, non fu un trauma, ma il dolce andare incontro al Cristo, Luce e Amore che aveva cercato in continuazione come uomo di scienza e con la sua fede di fanciullo. Il giorno dei funerali, quando la sua bara usciva dalla chiesa di Sant’Ignazio in Roma, la folla poté sentire, in un brivido di emozione, la registrazione dell’ultimo saluto del prof. Enrico Medi alla terra: «Così è la nostra vita, la vita nel cammino della Verità. Lavoriamo, cerchiamo, fatichiamo, versiamo lacrime, veniamo alla ricerca del Sole che è la Verità... A un certo momento il Sole folgoreggiante brucia illuminando le nostre pupille. Con questa luce divina, con questa speranza, in questa attesa, amici, io vi saluto».

Scienza e Fede

Considerava l'ateismo una vera e propria follia, non vedere infatti nella scienza la suprema manifestazione del Divino era assolutamente impossibile per qualunque essere umano sano di mente e dotato di raziocinio. Segno di squilibrio era poi vedere scienza e fede avversarie, una negazione dell’altra, saperi di due mondi inconciliati e inconciliabili. “La mente dell’uomo è fatta per la luce, ogni sorgente di luce che si accende nella sua anima non fa che diradare le rimanenti caligini. Dio è autore della natura e della rivelazione. Sono due strade diverse che portano alla Sua parola nella quale non può essere contraddizione. La fede è più diretta, tocca argomenti di valore infinito, Dio direttamente; la scienza indaga la natura coi mezzi che le sono propri. E man mano che la ricerca scientifica procede, la fede ne riceve conforto: sempre nuove armonie si schiudono al pensiero, la profondità dei misteriosi appaiono sempre più nella luminosa composizione del disegno del creatore, che, facendo l’uomo signore della terra, centro della creazione e dell’universo, lo ha chiamato ad una vita soprannaturale”. Questo un brano tratto da alcune conferenze tenute a Siena nel ’70.
Scienza Magistra Vitae che insegna all’uomo la via per raggiungere i segreti che il Signore ha celato dentro la natura, i segreti che stanno alla base di tutta la Creazione. Ma come si possono trovare e capire quei segreti se si nega la fonte stessa che li ha pensati e generati? Come si può studiare o dominare qualcosa del quale si disconoscono le radici stesse? Queste le grandi domande che pone a tutti coloro che si professano atei e che si professano però Scienziati e sprecano la loro esistenza a rincorrere una verità che mai potranno cogliere e comunque capire.

Gli stessi studi scolastici si orientano su una errata e menzognera concezione di separazione degli ambiti: dalla pratica passano alla teoria, dal fisico all’immateriale. Il Professor Medi sosteneva invece che “la rivelazione e la teologia hanno illuminato e permesso il nascere e lo sviluppo della scienza”. Solo correggendo dall’origine questo terribile errore e permettendo ai giovani di crescere con la giusta visione delle cose, si permetterà lo sviluppo di una società consapevole (precursore della "Coscienza Planetaria" invocata da molti fisici moderni) e devota al Signore. La scienza infatti, vista con il giusto appoggio della fede, avrebbe anzi una valenza fortemente sociale, proprio perché in grado di mettere tutti d’accordo, di accomunarli davanti ad una verità oggettiva e inappuntabile. Verità che per essere tale, non può che essere emanazione divina e quindi inscindibile da una verità di fede.
Attraverso la scienza il Signore migliora le condizioni di vita dei suoi figli, rendendoli però consapevoli e attivi, non passivi e incapaci. Tutte le macchine che la scienza stava creando miglioravano nettamente la qualità della vita. Proprio in questo suo grande potere sta nascosto il pericolo della scienza, quello di portare l’uomo che la pratica, che ne coltiva le leggi, verso lo strapotere. La scienza per essere compresa e utilizzata al servizio degli altri, quindi nell’unico scopo per il quale è stata creata, deve essere sempre e comunque accompagnata dall’umiltà. Solo chi vive nella luce di Cristo può conoscere la vera umiltà.”L’uomo fa della vera scienza quando dimentica se stesso e si affida interamente alla luce che dalla natura promana: egli sa di non essere creatore di nulla e che la sua grandezza è solo nella fedeltà con cui accetta il vero